30TFF: SHELL di Scott Graham
REGIA: Scott Graham
SCENEGGIATURA: Scott Graham
CAST: Chloe Pirrie, Joseph Mawle, Iain De Caestecker, Michael Smiley, Kate Dickie
NAZIONALITÀ : UK
ANNO: 2012
WORLD IN MY EYES
Arriva dal Regno Unito l’opera vincitrice della 30 ° edizione del Torino Film Festival, Shell, diretta da Scott Graham, film d’esordio che ha riscosso consensi pressoché unanimi anche tra il pubblico della kermesse torinese. Shell è cinema fatto di silenzi, sguardi densi di significati, gesti che riempiono lo schermo, totale antitesi delle troppe pellicole fracassone e strillate che affollano le sale odierne, assordando i sensi ed impedendo il pensiero.
La riflessione vola libera di fronte a quest’opera essenziale e profondamente emotiva, ambientata nelle highlands scozzesi, sconfinate e deserte nella loro imperiosa bellezza; la diciassettenne Shell (una magnifica ed intensa Chloe Pirrie) ed il suo giovane padre Pete (eccellente prova di Joseph Mawle) gestiscono una stazione di servizio che è raro segnale di vita in una zona altresì desolata. Il microcosmo della piccola famiglia è composto dalla loro attività e dalla casa in cui abitano, luoghi-teatro dell’azione di un filmico talvolta claustrofobico, che prende poderosamente fiato nelle sequenze esterne, in quell’infinito che li circonda e che sta a rappresentare il resto del mondo, un ignoto al tempo stesso affascinante e spaventoso per la giovane protagonista. Shell è realmente come il nome che porta, chiusa in un guscio taciturno, perennemente infagottata in un giaccone troppo largo, che scherma e nasconde il suo corpo, proteggendola da ciò che le è estraneo.
Il rapporto padre-figlia è perno centrale del film, un legame fortissimo ed indissolubile, reso tale anche dall’isolamento in cui vivono i due personaggi e dalla malattia del genitore, soggetto a improvvisi e violenti attacchi di epilessia: Shell dunque è impossibilitata ad andarsene, a fuggire verso quel mondo che si limita ad immaginare, poiché non può lasciare solo il giovane padre. Un vincolo affettivo complesso, in cui l’obbligo ed il dovere giocano un ruolo costrittivo, e nel quale la solitudine intensifica il sentimento di amore filiale fino a superare il confine che lo separa dall’Amore in quanto Eros. Graham riesce a trattare un argomento delicato in maniera egregia, narrando di emozioni sommerse che vengono alla luce in abbracci un po’ troppo stretti, lasciando nello spettatore un senso di struggimento che non lo abbandona.
Il Mondo è rappresentato non solo dallo spazio sconfinato che circonda la piccola stazione di servizio, dunque dal fantasticare su cosa si celi oltre quelle distese, ma anche dai rari automobilisti di passaggio, presenze ricorrenti oppure estemporanee, personaggi per i quali Shell interrompe il proprio silenzio ponendo loro domande su dove provengano o verdo che meta siano diretti, cercando di afferrare degli scampoli di vita dai riflessi di quelle altrui. Il giovane Adam (Iain De Caestecker) è cliente abituale, che non nasconde il proprio interesse per la ragazza nei suoi ripetuti inviti a uscire una sera per bere qualcosa al pub. La risposta è sempre la stessa, un apatico “I don’t know”, giustificato dal non poter lasciare solo il padre, in realtà dettato da un conflitto di fondo, tra il sentimento che la lega a Pete e la nuova strada rappresentata da Adam, col quale consuma un fugace rapporto sessuale, presente col corpo ma assente col cuore.
Il padre è riluttante verso le attenzioni della figlia che varcano quel confine che non dovrebbe essere oltrepassato, ma al tempo stesso è combattuto, forse anch’egli roso da un sentimento che non può controllare; l’indefinitezza, il non detto che viene mostrato attraverso gesti ben più significativi di tante parole, e soprattutto il suggerito sono le chiavi principali scelte per la narrazione di una storia avvolgente, mai patetica o scontata. Un finale che annichilisce ma che è forse l’unico possibile, corona un film di rara bellezza, sia dal punto di vista del plot, scritto dallo stesso Graham, che dal lato visivo, con una fotografia limpida, nitidissima negli esterni che regalano paesaggi mozzafiato, e più cupa nelle riprese domestiche, a sottolineare ulteriormente la differenza tra i due due mondi.
Una vittoria ampiamente meritata per un esordio più che promettente: i lunghi silenzi di Shell e gli sguardi carichi di emozioni dei suoi protagonisti prendono residenza nell’anima dello spettatore, per restarvi a lungo.