(500) GIORNI INSIEME di Marc Webb
REGIA: Marc Webb
SCENEGGIATURA: Michael H. Weber, Scott Neustadter
CAST: Joseph Gordon-Levitt, Zooey Deschanel, Clark Gregg
NAZIONALITA’: USA
ANNO: 2009
TITOLO ORIGINALE: (500) days of Summer
LE CONSEGUENZE DELL’AMORE
Formalmente indie, concettualmente nouvelle vague, (500) Giorni insieme è Cameron Crowe piazzato al Sundance dopo un buon ripasso emotivo di tanto amour fou, di quell’amore che è tutto e niente, creazione e distruzione, immensità e dolore, zucchero filato e veleno, morte e resurrezione. Incide perché tratta intelligentemente (sofisticatamente / impulsivamente / delicatamente / stronzamente) di un tema in cui ognuno di noi ha qualcosa da dire raccontare vedere ricordare, funziona perché Marc Webb possiede stile e gusto che unisce tutto ciò che ci piace di Mtv e del Cinema commerciale col gusto cinefilo anche un pelo malinconico perché già retrò nel suo essere attuale e moderno; narrare l’amore nella sua complessità (o meglio ancora: nella sua semplicità non sempre troppo facile da accettare) col microscopio borderline senza più barriere, con tutto il sacrosanto diritto di poter ridere come un coglione o di piangere come l’ultimo degli sfigati, un po’ come fece già Ethan Hawke qualche annetto fa con L’amore giovane.
Joseph Gordon-Levitt è Antoine Doinel o meglio ancora Alex aka Denis Lavant, solo che al posto di correre euforicamente sulle frequenze amorose del Modern Love di David Bowie, ci regala invece una delle scene migliori della stagione con una sequenza musical-disneyana che altro non è se non la nostra stessa immaginazione fluttuante nel medesimo istante in cui capiamo di esserci innamorati: esiste, quel momento mistico e dolcissimo, totale, in cui smetti di essere uomo per diventare proiezione filmica, improvvisamente il più figo dei Gene Kelly, fuori c’è persino un brillantissimo sole (Sole: il nome della protagonista) e tutto attorno a te è fottutamente felice, i noiosissimi passanti sono diventati magnifici ballerini, e gli uccellini ovviamente sono in cartone animato. Prima di ritrovarti l’attimo dopo a spaccare il cellulare in casa così giusto perché in fondo in fondo la tua rabbia e le tue incazzature e paranoie devi sfogarle. Ecco la magia: il potersi permettere di fare (immaginare / sognare) queste cose, la vita e la morte, la gioia e il pianto, l’essere malati – fottutamente paranoid android – grazie all’Amore (giovane). Ecco perché (500) Giorni insieme è un film bipolare, perché s’attacca epidermicamente sulle nevrosi del cuore, e con esso, tutto il suo esplodere di emozioni e sensazioni contrastanti, fatti di opposti (e uguali, in quanto l’amore è una faccia a doppia medaglia): allora Marc Webb decide di giocare proprio di contrapposizioni senza seguire la linearità della narrazione, vola avanti e indietro nel calendario (un po’ come il procedere videoclipparo del Gondry di Eternal sunshine) accoppiando scene che sono le conseguenze contrarie dell’amare: il protagonista Tom che descrive la sua amata Sole con tutti i suoi pregi, prima di trasformare quegli stessi pregi in difetti nella scena successiva; il ritrovarsi sullo stesso luogo (l’Ikea, che evocazione) prima baciandosi su un letto osservati da una famiglia cinese, e poi senza nemmeno più sfiorarsi la mano. Per questo, nel suo essere dolce, (500) Giorni insieme fa anche male: perché ti mostra non solo la vita e la nascita dell’amore, ma anche la sua fine (e conseguente resurrezione). Marc Webb non pedina l’ideale dell’assoluto happy ending, ma semplicemente, ci racconta un pezzo di ciò che è il ciclo dell’esistenza: ci desideriamo e poi ci amiamo, chissà perché ad un tratto ci dividiamo? i.still.love.you. E d’altronde, gl’indizi sono già svelati per tutto lo svolgersi della pellicola, dagli Smiths nell’ascensore fino alla t-shirt di Love will tear us apart, eppure tutto ciò non c’impedisce di continuare a sperare e sognare, perché sappiamo anche che dopo il Sole spunta sempre la Luna, e dopo la Luna un altro Sole. Ecco, di nuovo, perché il film ha doppiamente vinto: Perché nonostante le fottute frasi (vere) di Ian Curtis, perché nonostante l’Ikea fu un abbaglio, perchè nonostante l’amore ci ha divisi, un giorno, un cazzutissimo giorno, non importa se domani o dopodomani o tra 10 anni, basterà un cuore per ricominciare, un cuore da donare nei pochi giorni liberi. E passerà.