QUELLA CASA NEL BOSCO di Drew Goddard

REGIA: Drew Goddard
SCENEGGIATURA: Drew Goddard, Joss Whedon

CAST: Chris Hemsworth, Richard Jenkins, Bradley Whitford, Amy Acker

NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2012
USCITA:  18 maggio 2012
TITOLO ORIGINALE: The cabin in the woods

HORROR.ZIP

Quella casa nel bosco fa venire in mente, a partire dal titolo puramente denotativo, cumuli di altri film: ammassati, citati, copiati (se nell’horror c’è ancora, o c’è mai stato, qualcosa da copiare che non siano le efferatezze, anche quelle in realtà sempre nuove o irrimediabilmente d’immaginario, dei milioni di modi di far schizzare via il sangue), smembrati, affiancati, sfiaccati, spogliati. Questo il suo scopo, di Drew Goddard e Joss Whedon: porre fine allo schema ricorsivo, ponendosi sopra a qualsiasi teoria ludica che descriva lo stesso Cinema in cui si inscrive Quella casa nel bosco, ma ricadendo nella stessa, se non più in basso. E allora sia: qualsiasi titolo venga in mente con manipolo di ragazzetti e ragazzine à la Scooby Doo, il cottage abbandonato, le entità sovrannaturali, e Battle Royale, e gli Scream, Hostel, se non Hunger Games, gli sformati invasati, le fanciulle che si scoprono guerriere e i fattoni (sempre con quantità invereconde di ganja) risolutivi. E vengano pure i titoli di testa che scoprono subito il gioco: incisioni ed esoterismo per le case di produzione, Funny Games per il titolo e il teen movie per tutto il resto, ossia mettere Raimi, Haneke e chiunque sullo stesso piano. Scrivendo ci si pone in alto, troppo in alto, si cade, e dirigendo Goddard non sa tenere tutta insieme un’idea che tale rimane: quella della sceneggiatura fatta con i post-it. E che post-it siano, raddoppiando il titolo sul finale, passando da Haneke al Rodriguez di Planet Terror.

In realtà, Cabin in the woods è stato realizzato nel 2009 e messo in freezer fino ad oggi, ma anche quell’anno, prima di Scream 4 e prima di The box, sarebbe risultato già vecchio: è il problema non è l’idea condivisa – le idee non esistono – ma è Goddard ad essere d troppo (poco), incapace di quella spinta evocativa esagerante ed esagitata e stragonfia di Richard Kelly (sia essa incantevole o ridicola), lontanissimo dall’affilare le parole e gli avvenimenti come Kevin Williamson e di caricare le immagini come quell’over-settanta mai invecchiato che è Wes Craven. Ma forse Quella casa nel bosco riesce a giacere meglio adesso che non tre anni fa, in piena fase rigurgito di pseudoautori americani che hanno mangiato tutto e sul loro piatto di vetro non riescono a distinguere (e non ci tengono) l’immagine, che non è né cinema né tv né videogioco né fumetto. Goddard si pone alle sue fonti, e non ci si inginocchia, non fa omaggi o rivisitazioni, non aggiorna, semplicemente annulla. Pecca di esuberanza quando una divinità spazza via tutto, di noncuranza quando il vuoto descrive i personaggi, di sciatteria sedata quando il sangue scorre, sostituendo il vecchio con il niente, l’isola col continente, con l’anestesia e la cancellazione. Quella casa nel bosco è un museo delle cere, nel momento in cui sforna un cubo-di-Rubik/bestiario come un semplice mazzo o un pokédex.

Goddard narra di un gioco, che già aveva polvere con David Fincher, di cui Wes Craven aveva reso eccitante la versione a carte scoperte, rinnovato nella serialità di Saw, riscopertosi morboso con Eli Roth, reindicizzato dai remake, rimpolpato dall’horror europeo dell’ultimo decennio, adesso zippato ed inutilizzabile. Lost, Cloverfield, Quella casa nel bosco: il racconto senza espressione, né horror né commedia né parodia né analisi né un riproporre secondo i propri canoni, al di fuori di quello  dell’imbuto, della piccola enciclopedia, del progresso verso un cielo di carta, o elettrificato.

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