MARILYN di Simon Curtis
REGIA: Simon Curtis
SCENEGGIATURA: Adrian Hodges, Colin Clark
CAST: Michelle Williams, Kenneth Branagh, Eddie Redmayne, Dominic Cooper, Emma Watson
NAZIONALITÀ: UK
ANNO: 2011
USCITA: 1° giugno 2012
TITOLO ORIGINALE: My week with Marilyn
REMEMBER ME,
SPECIAL DREAMS
Non pessimo come dicevano incessantemente i pregiudizi positivisti in redazione; anzi, casomai Marilyn di Simon Curtis è romance metacinematografico girato con non chalance. Beautiful and so blasè come Marilyn Monroe, forse la diva hollywoodiana più celebre di tutti i tempi, e non ci pare di esagerare. Al regista il merito di non aver scelto una strada vicina al biopic: il punto di vista non è nemmeno quello della Monroe, bensì di un ragazzino che finisce a lavorare nel mondo del cinema quasi per sbaglio. Lo sguardo del film, allora, è inevitabilmente cinefilo, quello di un protagonista amante di Hitchcock, Orson Welles e Laurence Olivier. Fulcro della pellicola è il primo amore, l’infatuazione sospesa tra il ragazzino e la diva: la Monroe appare e scompare, evanescente come una cotta enfatizzata, sempre colta in flagranti momenti di fotogenia ectoplasmica. E forse, il film di Curtis è davvero semplicemente un film sugli sguardi fugaci, di espressioni fisse nella memoria di celluloide: Marilyn Monroe è puro fantasma, tantochè nela prima scena in cui appare nel film è già fissa su un altro schermo cinematografico (quindi, ombra nell’ombra, proiezione dentro la proiezione). Michelle Williams non può resuscitarla (grazie a Dio non ci troviamo in un’operazione necrofila), quindi la doppia nelle movenze e nelle espressioni, nell’ambigua fragilità di una maschera che non può e non vuole essere tolta. Il risultato è magnifico, sorta di motion capture su carne, di sublimazione filmica, sovrimpressione che forse piacerebbe al Bertolucci di The Dreamers. Casomai, a diventare necrofila è l’audience, innamorato del fantasma proprio come il protagonista, e proprio come il protagonista, destinato ad avere il cuore incrinato, perchè se Marilyn Monroe è il cinema e il cinema è la fabbrica dei sogni, purtroppo dai sogni prima o poi bisogna svegliarsi. Ecco perchè il film ha un retrogusto di nostalgia quasi toccante, di dolore acuto: è la cinefilia che scorre nelle vene di noi che scriviamo e di voi che leggete, noi voi della massoneria segreta che ci avvolgiamo nel fumo delle sigarette in sale ormai inesistenti, che ci masturbiamo dolcemente davanti le dive divinità così personali così popolari così solo ed unicamente per sempre e mai nostre.