JEFF, WHO LIVES AT HOME di Jay & Mark Duplass
REGIA: Jay & Mark Duplass
SCENEGGIATURA: Jay & Mark Duplass
CAST: Jason Segel, Ed Helms, Judy Greer, Rae Dawn Chong, Susan Sarandon
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2011
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Dopo il battesimo produttivo di Cyrus, i fratelli Mark e Jay Duplass tornano a servizio di una major e stavolta la star ingaggiata ha il volto di Jason Segel. I due ragazzacci nati in quel della Louisiana dopotutto gravitano nel mondo dell’arte da diversi anni: autentici portabandiera del mumblecore (etichetta statunitense tesa a identificare quelle produzioni a basso costo con cast spesso amatoriali) i Duplass si sono fatti apprezzare per il loro spirito indie mai ostentato. Scrittori, interpreti e produttori (Mark suona anche nella band Volcano, I’m still excited e ha messo i panni di Pete nella serie comedy The League) questi hanno portato a casa nomination e alcuni premi. Alfieri di un cinema fresco, onesto con attori spesso liberi di improvvisare su copioni fatti di piccole storie senza (apparente) importanza, gli autori si sono cimentati spesso in commedie dalle tinte più differenti. Dall’esordio Puffy Chair al bislacco Baghead fino all’ultimo e più celebrato titolo con un ottimo Jonah Hill i filmaker si sono spesso mossi nei territori dei progetti low budget con talenti anche alle prime esperienze (non li ringrazieremo mai abbastanza per averci fatto scoprire Greta Gerwig). Jeff who lives at home vede protagonista il credibile Segel nei panni dell’ennesimo stoned figlio della pigrizia, delle droghe e di tutta una costellazione di adorabili immaturi mostrati fino ad oggi dalla commedia a stelle e strisce. Ancora una volta i cineasti puntano sul carattere psicologico di questo personaggio, quasi un Paperoga disneyano in carne e ossa con un lutto alle spalle forse ancora da rielaborare, una madre dannatamente infelice e un fratello maggiore, Pat, con un matrimonio al capolinea. Questo genere di pellicole spesso narrano vicende si bizzarre ma al contempo di una disarmante fragilità con tutta una serie di situazioni insolite e originali. Qui al centro della vicenda c’è un trentenne in cerca di segni del destino: incaricato di acquistare un tubetto di colla per sistemare uno stupido mobile in legno, Jeff affronterà la sua minuscola odissea dalla quale ne uscirà cambiato. L’intro è assai divertente e il tocco Duplass è inconfondibile: seduto sulla tavola del water il nostro recita a memoria una battuta del film di Michael Night Shyamalan Signs e la macchina da presa coglie questo momento privato innestando continui zoom rapidi sulla figura inquadrata. Jeff è un inguaribile ottimista, una sorta di candido “strafumato” in cerca di risposte da un universo sempre più astratto e misterioso. La sua filosofia di vita è la seguente: «tutto e tutti sono connessi nell’universo. Rimani puro di cuore e vedrai i segni. Segui i segni e scoprirai il tuo destino». La pellicola sembra voler fluttuare per gran parte della sua durata in un limbo di ordinaria quiete: il finale, per quanto poco sorprendente e attesissimo sprigiona invece straziante umanità conferendo all’opera una luce nuova. Gli stessi registi ammettono di aver realizzato la loro fatica più pensata e scritta in cui tutti i partecipanti hanno potuto comunque sfogarsi nell’improvvisazione ma senza uscire troppo dal seminato. Come per il lungometraggio precedente anche qui la scelta del team è perfetta: se la presenza di Susan Sarandon appare una garanzia, stupisce la prova di un ottimo Ed Helms nei panni dell’arrogante e infantile Pat; lontano dalle scorribande bromance o da certe farse dall’umorismo spicciolo, qui l’attore offre una prova notevole del suo talento tra sequenze brillanti e momenti assai amari. Helms funziona per merito anche di Judy Greer (nel film moglie insoddisfatta di questo pomposo e ridicolo americano medio) in preda ad una crisi sentimentale. Jeff who lives at home non verrà certamente ricordata come la commedia dell’anno eppure gli spunti di interesse per seguirla sono molti. L’augurio ai Duplass è di andare avanti su questa strada, sicuri di trovare un giorno la formula perfetta. La citazione è d’obbligo: “più forte, ragazzi”.