LOOPER di Rian Johnson
REGIA: Rian Johnson
SCENEGGIATURA: Rian Johnson
CAST: Joseph Gordon-Levitt, Bruce Willis, Emily Blunt, Paul Dano, Jeff Daniels
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2012
USCITA: 31 gennaio 2013
IN LOOP(ER) – IL CINEMA DI RIAN JOHNSON: UN GIOCO DA RAGAZZI
Viaggi nel tempo, super ricchi e ultra poveri, città nude e luride, cavalieri dalle lunghe ombre, madri coraggio, motociclette volanti, bambini con la stessa innocenza del diavolo, killer senza scrupoli e, per chiudere il cerchio, vittime imbottite di lingotti d’argento e oro, quali ricompense per lavoretti eseguiti a dovere. Solo pochi elementi per incuriosire un pubblico in cerca di qualcosa di completamente diverso: Looper, infatti, è un anomalo film commerciale privo di una collocazione ben definita. Il regista Rian Johnson pone la sua ultima opera al centro di un mezzogiorno di fuoco tra la fantascienza con ambizioni filosofiche e qualche spruzzata western. Singolare e curiosa la carriera di questo fresco talento, cresciuto insieme alla propria “famiglia” artistica (il cugino compositore Nathan Johnson e il migliore amico direttore della fotografia Steve Yedlin) con i cortometraggi e approdato alla televisione per dirigere alcuni episodi di uno tra gli show più amati negli States: Breaking Bad. Dopo alcuni fortunati short movies (vedere per credere il bizzarro Evil Demon Golfball from Hell) questi debutta con una pellicola vincitrice del Sundance Festival di Robert Redford. Sulle tracce dei maestri hard boiled, Brick rilegge la lezione del noir con lucidità ed energia, trovando nel genere una chiave originale. Lo scenario è l’high school californiano, dove però, l’adolescenza picchia duro e uccide: in questo astratto non luogo si aggirano infatti boss protetti da gorilla, quasi usciti da qualche pessimo brano hip hop, mentre a tavola piccoli affari sporchi accompagnano orange juice. Lo strano caso del secondo lungometraggio The Brothers Bloom ha davvero dell’incredibile, a cominciare dal cast al servizio di uno script alquanto assurdo. Della partita Adrien Brody, Mark Ruffalo, Rachel Weisz, la nipponica Rinko Kikuchi, Robbie Coltrane e nelle invisibili vesti di narratore Ricky Jay. Johnson mescola le carte da perfetto baro al tavolo del Lonnegan di turno e, manipolando realtà e finzione, allestisce una mirabolante stangata a danno di una eccentrica e solitaria ereditiera e, naturalmente, dello spettatore. Così non ci si deve meravigliare se, tra insoliti costumi, i grandi e grossi attori si comportano come bambini: qualcuno insegue l’amore d’infanzia rovinandogli addosso con una bicicletta, qualche altro nelle vesti di tutore ha un copione sempre pronto da recitare e altri organizzano furti alle carrozze ristoranti dei treni, distruggendo puntualmente Lamborghini. Nonostante le buone accoglienze di critica, gli incassi al botteghino sono scarsi, in Italia non trova la distribuzione e nelle sale. Oggi questo giovanotto classe 1973 del Maryland, stregato dall’opera di Philip K. Dick, realizza forse il suo lavoro più compiuto. Forte di interpreti di tutto rispetto (l’amico Joseph Gordon Leavitt, il duro a morire Bruce Willis, un inedito quanto efficace Jeff Daniels, una adorabile Emily Blunt, per non dimenticare il cammeo vincente di Paul Dano) Looper è un affresco sul destino e il libero arbitrio. La musica è sempre la stessa: i giovani (si pensi a Kid Blue) agiscono come gli adulti credendosi i padroni del mondo, eppure con un’arma in mano sarebbero capaci di farsi esplodere un piede. Convince Levitt nei panni di uno spietato criminale, grazie alla prostetica molto simile al più esperto Willis (il suo se stesso del futuro) e al contempo diverte vederlo adottare una buffa e minuscola rana giocattolo come segnale d’allarme. Ancora una volta il regista punta sui toni contrastanti così, se le violenza cieca proietta sul grande schermo cadaveri (non lesinando neppure i minori) lo spettatore si troverà davanti una Blunt costretta a rifugiarsi nel buio di una cassaforte in cerca di serenità. Rian Johnson potrebbe essere il prossimo nome di punta del blockbuster d’autore, quasi un degno erede (mantenendo le debite distanze, beninteso) del suo amato Christopher Nolan. Looper, pur non spiccando per grande personalità (come invece accade nell’universo del cineasta londinese) rappresenta quell’intrattenimento brillante, certo ambizioso, non privo di ironia capace di accontentare una vasta platea. Che la forza sia con te, Mr Johnson.