FINE DI UNA STAGIONE: #8 MOONRISE KINGDOM di Wes Anderson
REGIA: Wes Anderson
SCENEGGIATURA: Wes Anderson, Roman Coppola
CAST: Jared Gilman, Kara Hayward, Bruce Willis, Bill Murray, Edward Norton
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2012
USCITA: 5 dicembre 2012
I RAGAZZI SELVAGGI
What kind of bird are you? Si interroga l’orfano scout Khaki dinanzi a quella acerba bellezza, celata da un cappotto di piume e da una maschera con il lungo becco. Sotto il costume da corvo, dietro quelle penne tutte nere, traspare l’anima pallida di un volatile ferito. Di quell’aliena meraviglia, sguardo fitto di rancore e infelicità, se ne invaghisce il piccolo protagonista di Moonrise Kingdom. Sam e Suzy sono due facce della stessa luna e, non a caso, portano nel nome la medesima iniziale. Il desiderio di poter stringere tra le braccia una famiglia dell’uno si scontra violentemente con la ricerca affannosa di una solitudine quasi cosmica dell’altra. La ragazzina vive in una casa di bambole con tre fratelli e i due genitori immaturi, grigi e irresponsabili, Walt e Laura Bishop, l’occhialuto esploratore è uno dei tanti figli del Camp Ivanhoe, microsocietà di regole e doveri. Con occhi profondi e delle margherite impigliate tra i capelli ella dichiara all’amato le seguenti verità: “Ho sempre desiderato essere un’orfana. Sono i miei personaggi preferiti. Penso che le vostre vite siano speciali”. La mano di Wes Anderson dipinge con brio e acume i tratti distintivi dei due dodicenni, con una maniacale cura per i dettagli: mappe e cartografie e senso d’orientamento incontrano romanzi sulla magia, binocoli e la voce di Francoise Hardy, diffusa da un mangiadischi. Il regista texano compie un viaggio nel tempo e, muovendosi sempre lateralmente in quel personalissimo universo di compagnie scombiccherate, di geni incompresi e di amori impossibili compone uno tra i suoi affreschi più lirici ed emozionanti. Questa fuga d’amore di metà anni Sessanta, con un sottofondo orchestrale e una fotografia dalle tinte tenui e acquerellate unisce Davy Crockett a Francois Truffaut, i Peanuts a Renoir (Pierre-August). Lo spettatore scorge sul grande schermo un altrove ben caratterizzato (l’isola immaginaria di New Penzance, New England) piuttosto simile però a un’opaca realtà fittizia, il ricordo di una fine estate di cartone. Il lungometraggio è intriso di poesia, divertimento (sempre ai confini con l’assurdo) azione e un lungo velo di tristezza. I personaggi sono bizzarri e originali (si guardi su tutti all’assistente sociale interpretata da Tilda Swinton o l’impassibile Jason Schwartzman, con indosso un paio di Ray Ban) e le scenografie figlie di un’architettura ludica, immergono al loro interno un cast in stato di grazia. Frances McDormand capisce presto le regole del gioco e, megafono alla bocca, diventa irresistibile, mentre Bill Murray, nei panni del marito disilluso e pessimista, mostra la sua maschera più malincomica dai tempi di Lost in translation. Carta e penna per alcuni dialoghi tra i due perché sono da antologia, su tutti il momento in cui Walt abbandonandosi al destino esclama: “spero che il tetto voli via e venga risucchiato nello spazio”. La vera sorpresa porta i nomi di Edward Norton, qui timido e solitario con quella foto nella tenda che solo alla fine assumerà un senso per la propria vita, e soprattutto, l’ottimo Bruce Willis alle prese con un poliziotto in cerca di affetti e di qualcuno al quale rimboccare le coperte dopo un bicchiere di birra. Le facce fresche, sprizzanti energia e talento dei novelli Jared Gilman e Kara Hayward squarciano lo schermo come una freccia scagliata da un arco costruito con mezzi di fortuna. Anderson e il suo fedele sceneggiatore Roman Coppola firmano un ispiratissimo copione, dove la rabbia giovane dell’adolescenza sembra essere un ponte traballante, sospeso in aria, da attraversare come un’avventura e rigorosamente a occhi chiusi.