HANNA di Joe Wright
REGIA: Joe Wright
SCENEGGIATURA: Seth Lochhead, David Farr
CAST: Saoirse Ronan, Cate Blanchett, Eric Bana
ANNO: 2011
USCITA: 12 agosto 2011
JOE WRIGHT POTREBBE DIRIGERE IL PROSSIMO ONG BAK
Joe Wright va amato. Certo, ha fatto un errore che corrisponde a quella cazzata con Jamie Foxx (Il solista, film brutto come la peste bubbonica), ma potremmo prenderlo per semplice allucinazione, lavoro in manette, subordinazione ai padroni, prova della propria umanità. Il suo Orgoglio e pregiudizio rimane la trasposizione più idonea dell’opera omonima di Jane Austen (finalmente sincronizzata pop, moderna, senza Colin Firth), mentre Espiazione, dopo una prima sottovalutazione veneziana, continua a crescere col tempo rivelandosi pellicola rarefatta e addirittura da custodire gelosamente nelle proprie retrovisioni necessarie. E poi, ecco Hanna, che rivela non solo la versatilità ma anche il virtuosismo di Wright: per la prima volta è alle prese con un action duro e puro, e allora fa volare la macchina da presa con meticolosità geometrica, tagliando e scandendo il tempo al ritmo dell’adrenalina.
Si parte con un incipit che sa di noir cattivo e retrò, successivamente ci si catapulta in un bosco incantato che odora di fantasy; Saoirse Ronan è un essere androgino e sembra uscita da un incrocio tra Nikita e un personaggio tamarro di Angelina Jolie, con la differenza che ha, dentro quegl’occhi cobalto fake, il dolore di un’innocenza strappata, ricercata, forse già perduta, affascinante perché misteriosa. Wright la insegue mentre spacca il culo a tutti, accompagnato da musica indie-hipster-dance e da un montaggio che ama giocare con le prospettive ed i punti di vista: lo spazio è quello del delirio, del video-clip impazzito, della pulizia iper-stilizzata.
Sceneggiatura al grado zero (personaggi dal passato inconsistente, risposte approssimative alle domande che vengono poste, inverosomiglianza) in quanto tutta costruita con le botte e i calci, quasi cinema pornografico (alla Panna Rittikrai e Prachya Pinkaew, tanto per intenderci) per la totale mancanza di necessità di seguire-capire-sviscerare il plot, e dunque, forse, cinema nella sua forma più basilare d’immagini in movimento, in taglio, in frullatore, in shake. Hanna è tutto esibizionismo, e se stiamo paragonando Joe Wright a Panna Rittikrai, vuol dire che si è rivelato inaspettatamente un regista action coi controcazzi, uno capace d’incollare sullo schermo per il modo in cui trasforma i combattimenti in danze macabre. A differenza del thai però, Wright sceglie di non sporcarsi rimanendo nella superficie dell’eleganza. Dirige le coreografie da lontano, demiurgo senza sadismo col puro gusto dell’estetica sofisticata. Diverse le scene che meriterebbero di essere citate – riguardate – ammirate, una su tutte il piano-sequenza su Eric Bana nella stazione della metropolitana. E ora spiegateci come diavolo l’abbia girato.