Venezia 2016: NOCTURNAL ANIMALS di Tom Ford – In concorso
REGIA: Tom Ford
SCENEGGIATURA: Tom Ford (basata su Tony & Susan di Austin Wright)
CAST: Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson
ANNO: 2016
PRODUZIONE: USA
Plauso generale di commissione, utenti, scribacchini: a noi questo film ha fatto ribollire il sangue nelle vene. Un calvario noioso e inconcludente e scorretto della durata di quasi due ore, che si vanta di saper usare le dissolvenze come Kubrick e il noir come Altman mentre digita a casaccio la trascrizione (clandestina) del romanzo da cui è tratto, trattando i propri personaggi come dei burattini a-sentimentali e la messinscena come il set di una sfilata di moda. Ricapitolando: flashback dell’evento traumatico (stupro di donna e figlia) esperito tramite la lettura del romanzo (autobiografico) che l’ex-marito invia alla moglie; inconcludenza del rapporto attuale di lei; rabbia di lui nell’indagine e conseguente rivendicazione assassina sull’assaltatore. Tutto materiale, al di là della sembianza cotta e ribollita, che se caricato a molla può cristallizzarsi, esplodendo, come un vetro di macchina addosso alla testa del malcapitato guidatore. Hot stuff. Ma Tom Ford (finiti i tempi di grazia di A Single man) getta il malloppo drammatico dal burrone e si restringe un cappio alla gola, riducendo il romanzo sotto l’effetto di barbiturici e girando con il manuale della perfetta fotografia della perfetta inquadratura. La banalità di Ford si riassume esemplarmente quando vuol fare della metafora mettendo una discreta Amy Adams (fin’ora una stronza algida che decide di comunicare al marito dell’aborto subito in una scena così breve da risultare offensiva), quindi covante sogni di rivalsa, di fronte a un quadro della sua galleria recitante il manifesto “Revenge”. Seguono attimi di abissale contemplazione. L’immaturità discorsiva è tale che ciò che dovrebbe dare suspense e brio fallisce miserevolmente così annacquato in un ritmo stanco che crede d’essere tensivo, ma è soltanto piatto. La quest non è tirata in ballo, lo spettatore non la può percepire perché Ford non ha capito quanto sia essenziale presupposto alla dinamicità e al senso ultimo dell’oggetto, e così sprofonda l’impianto narrativo che voleva essere chirurgico in un’opera-zombie che non sa da che parte guardare se non ai suoi occhiali da sole.
♥♥/5