Cannes 2017: LE REDOUTABLE di Michel Hazanavicius: Dr. Strange-JLG
REGIA: Michel Hazanavicius
SCENEGGIATURA: Michel Hazanavicius (dalla /auto)biografia di Anne Wiazemsky)
CAST: Louis Garrel, Stacy Martin, Bérénice Bejo, Guido Caprino
ANNO: 2017
PRODUZIONE: Francia
Che ad Hazanavicius sia ormai precluso lo status di Autore riconosciuto è un fatto da accettare, soprattutto dopo quest’ultimo exploit. C’è qualcosa che lo tiene lontano dai salotti e più vicino al pubblico, ma quest’ultimo non può avere tutti gli strumenti per coglierne le essenze (a tutti i livelli) e a chi popola i primi spesso manca l’autoironia. Troppo sempliciotto, troppo complesso. E come si vive nel mezzo? Probabilmente con letizia, magari nella consapevolezza di non poter andare bene né all’una né all’altra parte.
Ma a noi Hazanavicius piace, prima di tutto perché ha le idee chiare. Dopo aver giocato con il cinema muto, adesso gioca con sua maestà Godard, e se v’era trepidazione a prescindere, a visione avvenuta ci ritroviamo con qualcosa di più di quanto preventivato. Perché “giocare” è il termine giusto ed Hazanavicius non fa altro. Viene meno il “maneggiare con cura”: il suo JLG è più ometto orgoglioso che altro, più Woody Allen on-the-screen che figura illustre. Il suo JLG è pantomimico, buffo, maschile, ridicolo. Le redoutable è commedia fino in fondo, trastullandoti con l’ironia per poi scuoterti in un gioco di riflessi da cui, empatizzando, è gustosissimo lasciarsi fregare.
A noi Hazanavicius piace perché è un regista visivo. Per molti potrebbe non bastare, affermando che il suo film è una parodia dello stile godardiano e che oggigiorno la forza va cercata altrove. Sì, è parodistico. Ma sono gli occhi in generale che si sono disabituati all’esagerazione visiva di questo tipo. In un’epoca in cui si osanna Wes Anderson (oggigiorno il più parodiabile, e (con estrema facilità) parodiato, regista) gli occhi piangono di inedia e non capiscono più a quale tipo di frame votarsi.
A noi Hazanavicius piace perché ha dimostrato che Louis Garrel è un attore e non solo Louis Garrel.
A noi Haz…
Ordunque, si diceva. Le redoutable prende un segmento ben preciso della vita CON Godard, quello di Anne Wiazemsky e della sua autobiografia da cui il film prende spunto. Casalingo, invasato, talvolta goffo, molte altre testa di cazzo, in declino rispetto ai primissimi anni e alle porte del periodo Dziga Vertov. Geloso, irascibile, confuso, infantile. Un uomo, una donna. Si potrebbe dire che Le redoutable è una commedia romantica: lo è, ma è soprattutto una commedia maschile. Maschile nel senso che al centro c’è quella mascolinità intellettuale per sua natura sempre alla soglia del ridicolo e quel maschio alfa di JLG è qui per essere perculato in ogni modo possibile. Per narrare il genio ci sono i libri, e Hazavicius lo sa bene, dedito quasi a stendere ex novo il concetto di imperfezione e di difetto con la verosimiglianza ferma al pretesto, ispirazione, punto di partenza. Come è giusto che sia. Ed è chiaro fin da subito che ogni singolo aspetto verrà sbeffeggiato, ideologia fuori controllo compresa. Il tutto ripreso con un amore incondizionato per l’immagine cinefila superficiale al punto giusto, consapevole del limite parodistico e dell’omaggio, e tenerne uno in piedi per più di un’ora e mezza non è cosa facile – ed è la strada, a mente lucida, più corretta da seguire, quella del pop sixties e della citazione blanda ma continua, perché ad addentrarsi maggiormente nella “godardianità” si sarebbe finiti col fare cazzate cerebrali o celebrative, di certo più stantie ed irritanti di qualsiasi colore pastello e gioco metacinetografico.
Hazanavicius sa benissimo dove stare e lì sta benissimo. Non strafa, non pretende. Accantona un mito, costruisce un uomo, dipinge un personaggio. E la lista di tutti i Redoutable che vorremmo è lunga.