NO.7 CHERRY LANE di Yonfan
Regia: Yonfan
Sceneggiatura: Yonfan
Cast: Sylvia Chang, Zhao Wei (voci)
Anno: 2019
Produzione: Hong Kong
Probabilmente il film più alcolico presente in concorso, inteso come gesto dell’assumere una sostanza, il suo primo impatto, il suo successivo serpeggiare in noi e il tardo – sempre tardo, sempre a giochi fatti, sempre al passato prossimo – accorgersi degli effetti.
Disabituati a un’animazione che si basi sul fatto che per sua stessa natura ogni cosa sullo schermo abbia democraticamente la stessa possibilità di esistere (dietro a un Cerbero e a una bicicletta si nasconde sempre lo stesso gesto ed entrambi hanno il diritto di esistere a partire dal bianco), ci lascia dapprima spiazzati, ritrosi, quasi indignati. La repulsione è quella della gola e del palato infiammati al primo sorso di grappa.
Animazione scattosa, design atipico, tempi tortuosi, una contemplazione che ci arriva quasi sbagliata secondo i canoni, né infiocchettata né sovraccarica né delicata. Quello di Yonfan è un dare spazio non al ricordo, non all’esaltazione del tempo e del dramma, ma ai colori stessi che nella memoria li compongono.
Come se ci aspettassimo che il film vada in una direzione cardinale – nord, sud, over, est – è solo a un certo punto ch ci accorgiamo che No. 7 Cherry Lane scorre lungo l’asse Z, come in un impercettibile e lento allontanarsi. Il suo stimolarci visivamente – e in senso narrativo stretto, ché la vicenda sembra non iniziare mai, sempre secondo i canoni – è quello del calore dell’alcol che sentiamo diffondersi nel petto, col suo accogliente subbuglio, col suo portento biologico.
Il graduale accrescere visionario di Yonfan rende il ménage à trois raccontato e la madeleine storica che lo circonda un mosaico in graduale frattura, un dischiudersi caleidoscopico in cui più i frammenti si allontanano più il vigore del cinema di cui è fatto ci accerchia, fino a diventare una coloratissima nebbia in cui perdersi o stare fermi. È quel momento in cui ci accorgiamo che l’alcol è salito al cervello è che stiamo agendo in base alle sue interferenze, l’attimo in cui ci accorgiamo di esserci allontanati dalla sobrietà.
E, completamente persi, lì, all’accendersi delle luci, il fugace ma sempre autentico conflitto tra il “non lo farò mai più” e il “voglio stare sempre così”.