LACCI di Daniele Luchetti
Regia: Daniele Luchetti
Sceneggiatura: Domenico Starnone, Francesco Piccolo, Daniele Luchetti
Cast: Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando
Anno: 2020
Produzione: Italia
Quel che passa il convento, soprattutto in tempi di pandemia.
Pandemia salvatrice degli scribacchini, pronti ad infilarla appena si può, per non far arenare i propri ragionamenti attorno al cinema. Eppure con Luchetti si può – ma non come un tempo – parlare di cinema, per quanto sia stanco, compassato, lievitato di pochi concetti, senza folgorazioni, se non una, attorno a cui ruota tutto il film.
Un film, Lacci, carente, a tratti nolente, e trascinato appunto a (circo)scrivere, delimitare, raccontare, innalzare quell’unico “appuntamento” micidiale che corona (ma di corona di cartone e alluminio si tratta), in un riciclo produttivo e creativo che, se prima era imbarazzante, ormai appare agghiacciante. Gli stessi temi ristretti (quel laccio, questo sì, che lega indissolubilmente certi autori e certo loro pubblico pagante) secondo il più elementare concetto di “cinema specchio della realtà” (realtà parzialissima, tratteggiata (male) attorno a quell’imborghesimento che non ha più nulla da dire, forse nemmeno agli imborghesiti stessi, soprattutto se presentato in questi termini “automatizzati”), mettendo ad essiccare al sole il “italianeggiante” dei cast possibili.
Quella di Lacci è una visione archiviabile quasi nell’immediato, se non per il gusto di domandarsi quali moti possano portare a un’approssimatività tale, che ci propone esoscheletri di personaggi ormai praticamente maschere, rapporti mai veramente palesati o altrimenti insistiti fino a risultare estenuanti (disillusioni & co) e conflitti generazionali del tutto assenti dal film, per quanto punto cruciale del plot. C’è da rimanere disorientati di fronte a questo disequilibrio, davanti a questo film che non parte mai, a questi personaggi immobili e i cui avvenimenti ci arrivano come un semplice ronzio, un ronzio che non sembra provare nemmeno per un istante a essere qualcosa di diverso.
Cos’è quindi Lacci, oltre che un paravento organizzativo per la Mostra? Un film di genere, teleguidato dalle aspettative, con una sola idea, posta alla fine in questo caso (beh: sempre meglio che all’inizio), legittimazione posticcia. Esattamente come succede nei film “ufficialmente” (anf!) di genere.