BOOGIE NIGHTS

REGIA: Paul Thomas Anderson
SCENEGGIATURA: Paul Thomas Anderson
CAST: Mark Whalberg, Burt Reynolds, Julianne Moore
ANNO: 1997


A cura di Pierre Hombrebueno

IN PRINCIPIO FU PIANOSEQUENZA..

Un po’ Altman per il richiamo al respiro (o soffocamento) corale e il sottinteso cinismo da sberleffo dietro le quinte di un formarsi hollywoodian-cinematografico, un po’ De Palma e Scorsese per la fluidità con cui lo spazio è gestito e sfruttato al massimo della sua potenzialità percettiva/visiva, nonché di alcuni scatti di paranoica drogata e tossica violenza; in ogni caso, una New Hollywood che rinasce alla fine degli anni 90’, che porta il marchio di un regista ancora sconosciuto ai più ma già immediatamente Auteur, come confermeranno le successive opere, Magnolia in primis.
La maestosità (nonché la sboronia e l’arroganza di chi sa benissimo il fatto suo) la vediamo fin dall’incipit, in quel lunghissimo pianosequenza dentro e fuori il locale notturno, dove la macchina da presa riesce a muoversi come un fantasma trasparente tra le decina e decina di clienti, indisturbata mentre vola con leggiadra eleganza ed incisività, presentando ed intrecciando uno alla volta i vari protagonisti di questo gran affresco: regista porno et compagna, fallito cameriere ma dal cazzo ben dotato, fitte star del cinema a luci rosse, donne perennemente in roller blades, volti che capiamo di essere importanti nello stesso momento in cui la macchina da presa si sofferma momentaneamente su di loro, prima di dileguarsi nuovamente in movimenti scattanti ed ectoplasmici, in questo spazio dove ogni fottutissimo millimetro è gestito con un calcolo quasi maniacale ma mai meccanico.
La verità è che quel pianosequenza non abbiamo fatto in tempo a cronometrarlo, ma la sua pienezza è perfettamente percepita, e con un incipit così capiamo presto di trovarci davanti ad uno dei massimi testamenti del Cinema degl’anni 90’, uno di quei film capaci di sintetizzare in un colpo solo quanto di classico-nouvelle-free-postmoderno abbiamo amato negl’anni precedenti, considerando anche il fatto che non è un pianosequenza unicamente a scopo virtuosistico, bensì addirittura teorico, con un richiamo esplicito al montaggio proibito baziniano: ogni qualvolta il centro di una scena si basa su più unita d’azione, Anderson vieta irrimediabilmente lo stacco. Allora tutto l’incipit è un concentrato di questo principio, dove le unità d’azione sono addirittura incontabili, provocando nei nostri occhi una sorta di ipnosi, di totale avvolgimento e coinvolgimento per una ripresa dove diegesi ed enunciazione viaggiano sullo stesso binario temporale: quello del realismo ontologico.
E ancora, dopo le consuete presentazioni del chi è chi - cosa fa - perché fa - e dove fa -, di nuovo momento da eiaculazione e brivido nella scena dell’omicidio a capodanno, dove il fulcro del sintagma si basa su tre agenti (la moglie in fuori-campo, William H.Macy, e le persone nel salotto): Anderson segue la scena in un pianosequenza che pedina Macy nel suo scoprire la moglie nella stanza, nel suo uscire fuori dalla casa per prendere la pistola, e nel suo ritornare indietro per compiere l’agognato gesto, mentre tutti gl’altri invitati sono ignari nell’altra sala pronti a brindare per il nuovo anno. La continuità temporale rimane saldamente inviolabile, donando alla scena un climax vestito di suspense e svezzamento del battito cardiaco, ma anche di glaciale freddezza ormai marchio di un certo cinema americano indie da metà anni 90’ in poi. In verità Boogie nights riesce a prendersi il gusto dello stacco e del montaggio solamente quando le unità agenti si riducono a singolo, ed essendo questo un film corale (che per sua natura ha quindi quasi sempre il coinvolgimento di più unità in ogni scena), allora si spiega perfettamente il perché di numerosissime pianosequenze: non è un optional, ma un obbligo morale. Il risultato, come già sostenuto da Bazin decenni fa, è l’inspezzabile senso di realistica continuità nella messa in scena (e dunque, nella nostra percezione), nonché ovviamente il piacere estetico della tecnica, la depurata ammirazione - immediatamente amore per un regista così giovane ma già capace di muovere la macchina da presa con cotanta grazia e fluidità. Per questo Boogie nights scorre magnificamente nonostante i suoi 156 minuti di megalomane durata; è una continua goduria percettiva, un totale controllo della cinematograficità nonché inno stesso delle sue potenzialità espressive.
C’è un uso massiccio di musica extra-diegetica, ma il film non appare mai video-clipparo (semmai è Scorsesiano), c’è una rise & fall depressa/deprimente, ma mai marchettistica né eccessivamente enfatica (è invece il dramma introversivo dei perdenti Noir), e soprattutto, c’è un grandissimo senso di libertà e liberazione, di anarchia nouvelle-vaghiana che stavolta non crea più dissacrazione, bensì nuovo ordine e lucida poetica di un regista, tale Paul Thomas Anderson, che in questo film ha lasciato indelebilmente impressa tutta la sua idea di Cinema auto-proclamandosi Autore, unico responsabile della propria creazione e penna stilografica diventata macchina da presa. Come se non bastasse, egli è anche un pungente e brillante dialoghista, e soprattutto, un abilissimo direttore d’attori che ha tirato fuori dal cast (che vanta nomi che vanno da Mark Whalberg a Julianne Moore, passando per William H.Macy e Don Cheadle, Burt Reynolds e John C.Reilly, Philip Seymour Hoffman e Heather Graham, e chi più ne ha ne emetta) una catartica pazzia e iconografica memorabilità ed intensità.
Allora, c’è da chiedersi che cazzo d’altro ancora aspettarsi da un regista che al suo secondo lungometraggio, ha già pienamente espesso la propria bravura, intelligenza e maturità. Con un film come Boogie nights alle spalle, è difficile immaginare un passo successivo che sappia confermare il proprio talento nonché meravigliare nuovamente donando qualcosa di non fotocopiato. Beh, Anderson vincerà facilmente la scommessa, due anni dopo, quando scuoterà Los Angeles con una pioggia di rane così malinconicamente esistenziale. Ma quella, è un’altra storia.

 

(15/02/07)

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