BREAKING NEWS
REGIA: Johnny To
CAST: Kelly Chen, Nick Cheung, Suet Lam
SCENEGGIATURA: Chan Hing Kai, Tin Shing Yip
ANNO: 2004
A cura di Luca Lombardini
SETTE
MINUTI PER LA GLORIA. OTTANTATRE PER LA LEGGENDA
Ormai non ci sono più dubbi : Johnny To è il miglior regista hongkongese su
piazza, e a meno che non abbiate passato gli ultimi dieci anni della vostra
vita in preda ad un coma profondo, sarete sicuramente a conoscenza dello
straordinario talento di questo produttore-cineasta che, quasi da solo, ha
risollevato le sorti dell’action di Hong Kong, attraverso la regia di
vere e proprie perle di cinema come : Loving You, A hero never dies, The Mission
e PTU.
Nella collezione delle personali gemme di celluloide di To, la sua ultima
fatica, Breaking News, occupa un posto di assoluto rilievo. Girato come
tradizione con un budget che a Hollywood faticherebbero a definire medio,
questo sontuoso thriller conquista lo spettatore fin dai primi sette ammalianti
minuti. Sette giri di lancette che fanno da culla temporale ad uno dei piani
sequenza più affascinanti di tutta la storia del poliziesco made in Hong Kong,
che confermano, qualora ce ne fosse bisogno, le sontuose capacità tecniche di
To, talmente bravo in questo frangente da far arrossire l’indiscusso
maestro di tale specialità: sua maestà Brian De Palma.
To confeziona un prodotto ad altissimo tasso di adrenalina, in equilibrio
precario tra l’efferata furia di Friedkin e le minuziose geometrie
metropolitane di Michael Mann. Pur trattandosi comunque di un film di genere,
la struttura di Breaking News non ha nulla a che vedere con la linearità
causa-effetto di molti prodotti “medi” occidentali, ma bensì è
costruita tutta in antitesi rispetto alla fluidità tecnica e narrativa del
piano sequenza che fa da incipit al racconto. Alla scorrevolezza dei primissimi
minuti infatti, il regista vi contrappone ben presto la claustrofobia
stradaiola dei vicoli e dei casermoni popolari, amalgamandola alla perfezione
con i fulminei tagli di montaggio, looppati a loro volta con gli assillanti
reframing delle notizie riguardanti l’evolversi degli avvenimenti
criminali.
In preda ad una forsennata epifania post-depalmiana, To frammenta lo schermo
riducendolo ad un decupage di sottoinsiemi fatti di monitor, computer e
telecamere a circuito chiuso, arricchendo il classico modus operandi dello
schermo diviso, con gli spunti suggeritogli dall’affermarsi degli ultimi
supporti tecnologici. Breaking News è uno splendido esempio di quella che viene
da anni definita metacinematografia, una corsa a perdifiato di un’ora e
mezza, dove l’evolversi degli avvenimenti può essere fruito non solo sul
grande schermo, ma anche, e soprattutto, attraverso le nostre familiari
finestre di informazione quotidiana.
La vera forza del film di To sta però nella rivoluzione topografica che
l’autore apporta al moderno noir urbano, mutando il film secondo i
comandamenti di un nuovo modo di pensare il territorio, visto ora in maniera
ristretta e inaccessibile. La città e le sue vie vengono infatti frammentate e
ricondotte agli interni di un condominio, reinventando una volta per tutte i
topoi narrativi dell’intreccio poliziesco ambientato tra le insidie delle
giungle d’asfalto.
Breaking News batte a mani basse la stragrande maggioranza dei film
“sulla notizia” che affollano i polverosi ripiani delle nostre
videoteche, portando le regole del giornalismo embedded verso un point break
fatto di immagini ed informazioni manovrate, gonfiate e strumentalizzate. In
questa allegoria mediatica-cinematografica c’è un che di grandioso, che
riporta la mente dello spettatore ai capolavori dimenticati di Fuller, dove la
dialettica di To convive con il sentimento di un cinema che è prima di tutto
trincea metropolitana, raccontata, filmata e spiata dal continuo divenire delle
nuove tecnologie diffuse in ambito domestico.
Tutto il resto (è comunque un bel accontentarsi) sono citazioni prese dal
personale manuale noir dell’autore: rapine andate per il verso sbagliato,
strade in preda al caos che rigurgitano poliziotti, bande di delinquenti che a
causa dell’ennesimo scherzo del fato si trovano asserragliati
all’interno dello stesso nascondiglio, famiglie in preda al panico del sequestro.
Il tutto condito dal solito stile “post-heroic bloodshead”, parente
nemmeno alla lontana degli inutili film a base di esplosioni ed effetti
speciali, che siamo abituati a vedere in qualsiasi blockbuster della domenica
pomeriggio.
La sensibilità nel racconto di To si conferma ancora una volta più di un
gradino sopra la media, e interessanti e soprattutto divertenti a tal proposito
sono gli intermezzi di vita vissuta dei membri del PTU hongkongese che il
regista, come sempre d’altronde, raffigura come uomini normali,
imprigionati nell’eterno conflitto tra bene e male, costretti a
riguadagnarsi l’ormai perduta fiducia della gente comune di HongKong
attraverso un’operazione di polizia, filmata per intero dalle telecamere
e trasmessa in diretta a reti unificate, perché l’unica verità, sembra
dirci il buon Johnny, è quella che si vede in televisione. Il messaggio che il
regista pare voler trasmettere allo spettatore è quello di una società ormai
totalmente asservita al detto “se non appari in TV non sei nessuno”,
dove persino le forze dell’ordine, per rendersi credibili agli occhi dei
comuni mortali che pagano le tasse, sono costrette “ob torto collo”
ad entrare nel rutilante mondo del reality show. Gli agenti di polizia
dicevamo, vengono dipinti come individui comuni, privi di quella corazza
superomistica dei pur affascinanti commissari spacca ossa, consequenzialmente
anche i criminali ci vengono mostrati come uomini normali, che commettono
errori normali, come quello di farsi individuare dalla polizia sul portone del nascondiglio,
con la busta della spesa in mano, e che compiono gesti normali, come cucinare
un modesto pranzetto. Spassose poi sono alcune trovate vicine per
“fonia”, alla più demenziale delle commedie all’italiana, si
veda “l’appuntato” affetto da flatulenza, che segue passo
passo il tenente più in gamba del dipartimento, sottolineando i momenti di
stallo dell’azione, con le inevitabili conseguenze del suo cronico
bruciore di stomaco.
A coordinare questo splendido rincorrersi di folli e grotteschi avvenimenti,
una scaltra quanto determinata consulente d’immagine, decisa a
trasformare il barricarsi tra quattro mura di un gruppo di rapinatori in un
mastodontico evento mediatico.
Dopo averlo visto non ci si stupisce nel leggere che, durante la proiezione al
Mif di Cannes, Breaking News sia stato “interrotto”, dopo appena
sette minuti, dal fragore sincero e scrosciante degli applausi dei buyer (alzi
la mano chi ricorda un altro precedente così illustre sulla passerella
francese). Guarda caso, subito dopo quel sublime piano sequenza……..
Vedere per credere.
(25/09/05)