IL CODICE DA VINCI
REGIA: Ron Howard
CAST: Tom Hanks, Audrey Tautou, Paul Bettany
SCENEGGIATURA: Akiva Goldsman
ANNO: 2006
A
cura di Andrea Magagnato
INCODIFICABILE
Codice pastoso e di rara indigestia.
Più che al cinema pare di trovarsi in un’ aula
di tribunale dove revisionisti storici alquanto audaci e conservatori
psicopatici si scannano e si rincorrono a suon di teorie più o meno
leggendarie, più o meno cool…
E’ d’obbligo (o magari no?) mettere subito in chiaro che il libronzo non l’ho nemmeno mai sfogliato e che Howard è tutto fuorchè capace di creare una qualsivoglia ombra di mistero
e/o apprensione (che erano poi le aspettative lanciate dalla sproporzionata
campagna promozionale).
Il problema, anzi i problemi, stanno un po’ ovunque ma il principale è
collocabile nell’ evidente macchinosità e pesantezza
dell’ingranaggio, l’incastro di base: ampolloso e parolaio
all’inverosimile.
Si sa che il tradurre sullo schermo un’opera
letteraria (che sempre e comunque vive di codici e stimolazioni sensibilmente
diversi da quelli del cinema) non passa attraverso un semplicistico trasbordo
da linguaggio testuale a linguaggio iconico ma implica (sempre che
l’obiettivo sia quello di muoversi nella stessa direzione
dell’opera letteraria e che quindi il testo non funga da solo punto di
partenza o mera fonte di citazioni) un processo ben più complesso e ricercato
di analisi dei due linguaggi per individuare dove i punti di forza
dell’uno divengono inesorabilmente punti deboli dell’altro, dove
occorre inventare e dove invece lavorare di sottrazione.
Tutto questo è necessario per muoversi con una coscienza minima verso un
risultato magari sensibilmente diverso nella forma, nel ritmo e nella
creatività ma proprio di un’identità tipica che ne giustifichi quantomeno
l’esistenza.
E’ un film nato e cresciuto per sfruttare chiacchiere e sensazionalismo attorno al best-seller di Dan Brown (questo un
po’ si sapeva), figlio del marketing che non ha altro da offrire se non
una trasposizione letterale e verbosa dell’arzigogolata, presuntuosa
trama del romanzo, con la pretesa che questo basti a
cavalcare (magari bissare) l’onda.
Lo dico tranquillamente pur non avendolo letto perchè
si sentono sulla pelle, sequenza dopo sequenza, tutti i capitoli, tutte le
pagine, tutti i periodi del CDV vuoti però di quella fervida, atemporale e personalissima sfera immaginifica che
differenzia la parola scritta dal cinema e che, posso immaginare, aveva fatto la fortuna del libro.
Ogni mistero, arcano, enigma, privato della consistenza, della persistenza,
della ruvidità della pagina di carta si trova
liquefatto sul grande schermo dove l’immaginazione non ha più via di fuga
e rimane imprigionata tra i botta e risposta dei protagonisti, non ammettendo
alcuna rilettura, sospensione o congelamento del tempo.
Il cinema ha in questa occasione ucciso la letteratura
(è un discorso questo prettamente astratto, semiotico
nella sua essenza, dove cioè il libro di Dan Brown rientra nell’accezione di
“letteratura” solo per il linguaggio di cui si serve; cedo ad altri
i giudizi sulla qualità di tale letteratura, che pure mi lascia qualche
dubbioso preconcetto).
Penso ci siano libri che al cinema non possono essere portati se non attraverso
un processo di radicale snaturazione che, pur
deludendo chi ricerca il libro nel film, consegni un prodotto di tutt’altra pasta ma con un’identità propria,
imprescindibile, di opera cinematografica.
Questo era forse il caso del Codice Da Vinci che andava totalmente “riformato”.
Non basta, ad Howard, affidare al viso e ai dubbi della dolce Sophie le sorti dello spettatore: la sua figura funge da
punto di riferimento indispensabile all’ignoranza e allo spaesamento di chi, come me, il CDV lo aveva conosciuto
solo alla pubblicità.
Soffocato/i dalle tante lezioni degli espertoni
sottolineate da campi e controcampi sempre più ravvicinati (come se
avvicinandosi i personaggi acquistino spessore), le sue perplessità, le sue
insicurezze non sono poi molto distanti dalle mie/nostre ma non bastano a
rendere più scorrevole e meno tortuosa questa malsana esperienza al multisala.
Voto sottozero, comunque tutto, a chi boicotta il film
per ragioni extra-cinematografiche.
(24/05/06)