CRAJ – DOMANI
REGIA: Davide Marengo
CAST: Teresa De Sio, Giovanni Lindo Ferretti, Uccio Aloisi
SCENEGGIATURA: Teresa De Sio, Davide Marengo, Paola
Papa
ANNO: 2005
A cura di Davide Ticchi
PER UN DOMANI MIGLIORE
Cinema che esprime tutta la sua necessità di essere,
prima di elevarsi ad espressione contenutistica di quelle che sono le più
antiche tradizioni italiane, e più in generale legate a quei popoli che portano
ancora in grembo vistosa energia culturale.
Teresa De Sio è regista dello spettacolo teatral-musicale a cui il film di Davide Marengo si è
ispirato, assorbendo da questo tutta la vitalità fisica e scenografica, cui il
film rende relativa dimostrazione. Dall’inizio alla fine in realtà,
s’avverte la sensazione d’essere di fronte a qualcosa di relativo,
microscopico e indemoniato, come un formicolio che prende tutto il piede, fino
a srotolarti il corpo con movimenti ritmici e convulsi. Quel formicolio dato
dalla tarantola, niente di più semplice, proprio lei che si avvicina e punge,
pelosa e onnivora, ama apparire quando nessuno la scorge, sgattaiolare via
nelle giornate di sole. Per i punti è quasi un segno magico la sua puntura, e
iniziano di seguito un percorso curativo e mistico, regolato dalle concezioni
più povere e scaramantiche del sud Italia. La “taranta”, quell’effetto
indomabile che costringeva le donne a ballare scoordinatamente
per giorni interi, mettendo in risalto il loro lato più sinuoso e sensuale, di
un corpo femmineo in eterno e maledetto movimento.
E siamo pronti osservatori ed accompagnatori di Bimbascione,
proprio una furba e integerrima serva del Principe Floridippo,
colui che ha deciso di viaggiare la Puglia per intero
e poetando in libertà. Seguendo le orme del cavallo Toledo, i due scenderanno
dal Gargano al Salento, perchè
il Principe Floridippo pare aver sognato una
tarantola, che lo invitava a camminare sopra la terra
della sua cultura.
E proprio sul suolo terrestre, dentro i sassolini ed il
terriccio che vanno formando la terra, nella sua forma più pregna di
significati umani ed animali, le culture e le tradizioni ci attendono ancora,
mentre si vanno lentamente frammentando della loro unitarietà e comunione
sociale. Tutti i pesi, sempre più consistenti, che
provengono da sopra la superficie, dagli edifici e dai cementi, oltre che dai
veicoli in moto, stanno procurando un arduo compito di sostenimento culturale
d’ogni minuscolo frammento di memoria, che sta perendo sotto
l’inverosimile quantitativo di progresso e sviluppo materiale. Per
contro, una sedia di plastica bianca sorregge gli anziani corpi di Uccio Aloisi,
Matteo Salvatore, Antonio Piccinino e Antonio Maccarone, superstiti e testimoni per l’era
post-moderna delle antiche culture tradizional-musicali
appartenenti alle loro terre, lavorate e calpestate da loro, e sempre e solo
grazie a loro, rimaste forzieri di quegli invisibili oggetti culturali, che
stanno sotto le nostre scarpe inarrestabili.
Un po’ documentario, musical, e in parte possibile oggetto di studi antropologico-culturali, Craj
parla in tutte le lingue del mondo di cultura e tradizione, usanze e ricordi,
appartenenti necessariamente al domani, attraverso l’arte
cinematografica, l’impressione in immagini del passato. Ecco che il mezzo filmico trova soprattutto locazione
nell’esclusiva trasmissione di “dati” culturali, approssimati
a pretesto narrativo e stilistico su base d’utilità e servizio sociale.
Craj concerne tutte le imperfezioni tecniche del
caso, proprio perché deve assurgere a scomposta raffigurazione di esistenze, accomunate da attimi di magia e movimenti
esistenziali.
Come impeccabilmente riporta il pressbook del film: “Craj
vuole imprimersi nella memoria, vuole salvaguardarla e farla restare nel
Domani, come una preziosa necessità”. Oserei aggiungere che per il
Domani, sarebbe bello edificare una torre di sassolini compattata dal
terriccio, alta più del cielo, e ballarci intorno, come indemoniati da una
puntura di “taranta”.
(05/10/05)