CYPHER

REGIA: Vincenzo Natali
CAST: Jeremy Northam, Lucy Liu, Nigel Bennet
SCENEGGIATURA: Brian King
ANNO: 2002


A cura di Davide Ticchi

UOMINI IN GABBIA

Come già dimostrato con “Cube”, primo eccellente episodio della personalissima e multiforme serie cinematografica degli “enigmi”, burleschi e beffardi, ai danni di uomini appartenenti al futuro prossimo, o al presente di domani, la bravura di Vincenzo Natali sta tutta nella suggestione delle forme e delle situazioni per così dire “estreme”. Ma parlare di burle e beffe può essere oltremodo fuorviante, del resto anche Boccaccio orchestrava le morali dei suoi personaggi con questi espedienti, senza però personificare l’ambiente circostante in un grande ostacolo per l’umanità, tranne che per le pestilenze che l’uomo diffondeva, intrappolando altri suoi simili nelle grinfie della morte. In Cypher non c’è nulla di diverso, a parte gli ambienti immobili, immutabili, asettici e perfettamente geometrici al tatto ed alla vista, gli uomini sono sempre gli stessi, goffi, impauriti, sottomessi, e un po’ patetici, ma proprio per questo uomini. In questo caso Morgan Sullivan, protagonista della storia, sembra ricondurci ad un tempo dove i vizi sono proibiti e il giudizio degli altri è determinante, a tal punto che la sua parvenza da perfetto uomo di famiglia viene messa in discussione dalla libertà concessagli, perfino poca in confronto alla sua sconfinata voglia di evadere da quei canoni così costrittivi. Perciò alla prima occasione, un futurista convegno di cosmetici, potrà mettere in mostra la sua levatura e la sua perfetta immagine di altrettanto perfetto commerciante, pienamente consapevole delle proprie qualità. Ma la Corporec, con il fasullo compito di spia industriale lo utilizza per i suoi loschi fini di management informatico, impiantando input come un software nei cervelli di uomini d’affari cerebralmente manipolati. Pedina mobile e fondamentale quella di Sullivan, ricercata da molte di queste agenzie che lo incoraggiano ad allearsi con loro, pur sapendo che altri faranno lo stesso criticando i primi. Inconsapevole di cosa si muova dietro ciò che vede, Sullivan pensa di conoscersi, pensa di sapere chi è e di fare abitualmente quello che fa, come quando dopo un convegno fuma le sue “sigarette preferite” e tenta di abbordare una ragazza al piano bar, colei che lo seguirà fino alla fine… Tanti particolari decostruiti da un loro “perché” narrativo, da un loro senso solo apparente, che si auto elimina sequenza fratto sequenza. Cypher è come un cubo di Rubik irrisolto, pieno di diversi colori l’uno al fianco dell’altro ma senza apparente attinenza sequenziale. Tutto è a casaccio, o meglio, la natura umana, quella millenaria è confusa, mischiata, tramortita dagli input e dai file telepaticamente condivisi, mentre la forma antropomorfa e “ultima” e “trascendente” dei contenitori cementiferi, vitrei e plastici, inghiotte la personalità (noi Morgan Sullivan), per renderci incompiti e incoerenti per un’ora e mezza, chiedendoci ad ogni frame di risolvere il puzzle, quel cubo variopinto e frastornante. Non siamo di fronte ad un opera che colloca ogni suo presupposto o presunta qualità nel fragore di immagini sadiche e tormentate (Saw, Hostel), ma dentro un groviglio ordinato ed eterogeneo di emozioni più o meno forti che si stanziano negli ideali di perfezione e geometria dell’era informatica, dei file tutti identici (grattacieli e ascensori ultraveloci) e dei contenuti disorganici e incompiuti (uomini e donne), più semplicemente mortali, sofferenti. L’uomo è in potenza mortale e il suo creato procede verso l’eternità, lo sviluppo e la compiutezza, la felicità che porta conflitto e la ricchezza che porta interessi identici ma discordi. Questa è l’era che Natali con esemplare ingegnosità e bravura - che si risparmia solo nella direzione attoriale – ci presenta, era che ci affascina terribilmente, che ci incuriosisce ogni giorno di più e che soprattutto sembra non poterci mai stufare; ma è un caso che il film termini con una gita in barca tra sorrisi e mutevolezza delle carni umane? Attraverso questa “icona” il canadese Natali ci proietta nel futuro, ce lo propone in ogni sua fattezza e nella fattispecie ce lo fa interpretare e comprendere con necessaria attenzione, perché sa che per tutto ciò esiste una soluzione, d’amore forse? Una soluzione che ha come premessa l’uomo e come conclusione proprio l’amore sì, che di fronte a tutto il geometrismo ideologico, estetico, economico ed emotivo, fa esplodere la propria richiesta di “senso”, di un piccolo spazio a lui dedicato. In Cypher come in Cube l’ostacolo è solamente fisico e tecnico, un cubo, un’inquadratura aerea perpendicolare alla retta degli edifici disumanizzati. Gli uomini, gli animali e i vegetali sembrano essersi trasformati in microchip e file informatici, ma quando le speranze sono ormai vane, Morgan Sullivan attua il problem solving, e l’umanità è salva, grazie alla sua stessa natura. Imperfetta, come ogni soluzione.

(31/03/06)

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