THE DESCENT*

REGIA: Neil Marshall
CAST: MyAnna Buring, Craig Conway, Molly Kayll
SCENEGGIATURA: Neil Marshall
ANNO: 2005


A cura di Elvezio Sciallis

NO ONE'LL GET OUT OF HERE ALIVE

Il cinema horror ha bisogno di persone come Neil Marshall. Una necessità estrema di cineasti del genere. Concreti, capaci di riprendere tematiche e toni tipici di quei “favolosi” anni settanta che ormai pensavamo irrimediabilmente persi fra bambine fantasma e l’ennesimo sequel del remake del prequel del rifacimento.

Sei persone, un ambiente chiuso, dei mostri feroci. Più semplice di così… E invece nulla è semplice in questo The Descent (mai titolo fu più programmatico) che parte come Un tranquillo week end di paura al femminile per poi avvitarsi e mutare più e più volte fino a perdersi e ritrovarsi in un labirinto di citazioni e influenze non meno intricato dell’Erebo nel quale vengono sprofondate le nostre eroine.

Neil Marshall salta a piedi pari il metahorror alla Scream e la slow-burnin’ ghost story alla Ringu per allestire un feroce teatrino dell’orrore tanto intensamente fisico quanto sadicamente mentale, seguendo più o meno il canovaccio che già gli aveva permesso di girare l’ottimo Dog Soldiers: prendere alcune persone, presentarle al pubblico, far apparire il mostro e vedere quelle persone cambiare e affrontare la crisi ognuna a modo loro.

Questa volta tocca a sei amabili pulzelle che si incontrano a un anno di distanza dalla tragedia (incidente mortale per marito e figlia) che ha colpito una di loro. La discesa in un sistema di caverne non ancora esplorato è intesa dalla sfrontata ed egotista leader Juno come un mezzo per rinsaldare amicizie e dissolvere dubbi e sepolti rancori, ma nel breve volgere delle ore la situazione precipita (anzi, crolla, come il cunicolo che le avrebbe riportate indietro) imponendo alle ragazze un feroce confronto con l’ambiente e i suoi abitanti, sorta di uomini delle caverne completamente adattatisi all’oscurità e capaci di predare in base a un sonar simile a quello dei pipistrelli.

Marshall, coadiuvato dalla fotografia sulfurea di Sam McCurdy e dal montaggio a corrente alternata di Jon Harris affronta il film con il piglio di chi vuole condensare e compendiare in soli 99 minuti 30 anni di storia dell’horror. Nel primo tempo il talentuoso britannico dispiega le forze, semina indizi, espone psicologie e punti deboli e addensa minacciose ombre. Ecco allora che l’incidente iniziale, degno dei migliori momenti di Final Destination, avvisa lo spettatore che non ci sarà spazio nella pellicola per giochini, sorrisi e autoreferenzialità varie. Il tempo di un breve incubo in dissolvenza ed ecco che le ardimentose arrivano sul luogo e noi guardiamo dall’alto (Overlookiamo?) l’automobile addentrarsi in mezzo a monti e boschi verso una casupola di evildeadiana memoria, adorna di ossa e strane maschere che sembrano uscite da “quella porta”. Prima di immergere nell’oscurità le protagoniste Marshall ha anche il tempo di citare l’urlo sotto la doccia di Janet Leigh/Marion Crane ma appena la camera (del regista ma anche quella posseduta da una delle ragazze) sprofonda nella bat-caverna (e con loro anche l’incauto spettatore) le cose si fanno subito claustrofobiche e angoscianti.

Marshall organizza e filma il set (i Pinewood Studios trasformati in cunicoli e abissi) in maniera mirabile alternando l’incipit arioso (fra boschi e fiumi, con una illuminazione ricca e una natura lussureggiante) con un seguito soffocante, riuscendo a moltiplicare il reale spazio a disposizione in una serie di momenti fra il claustrofobico (alcuni passaggi davvero stretti nei quali finiamo incastrati insieme alle protagoniste, e come a loro manca l’aria anche a noi…) e l’infernale (le caverne più vaste illuminate da un Sam McCurdy che gioca compiaciuto ed efficace con i toni rossi dei fuochi di segnalazione, con quelli gialli della torcia e con quelli verdastri delle luci chimiche).

Infernale.. Perché proprio di Discesa agli Inferi (The Descent) si tratta, l’Inferno delle relazioni amicali che si deteriorano alla prima seria difficoltà, il Tartaro dei tradimenti e degli omicidi, la Gehenna del rimorso e della vendetta. Nel secondo tempo il filmaker non concede un singolo attimo di tregua e l’entrata in campo dei crawler muta il film da psicodramma ipertensivo a festa del terrore e dello splatter. Vietata in Italia ai minori di 14 anni, la pellicola regala momenti intensi e appaganti per ogni tipologia presente nell’eterogeneo gruppo dei cultori dell’horror.

L’appassionato del gore avrà una dose fin troppo abbondante della sua pietanza preferita: sangue che spruzza come un geyser, bava, intestini, mutazioni del corpo, ossa che fuoriescono dalle gambe, occhi cavati e chi più ne ha più ne emetta.
Chi cerca momenti di “spavento improvviso” verrà allietato da 4-5 apparizioni a sorpresa dei mostri, realizzate con montaggio e cura maniacali.
Il cultore dei momenti di riflessione metacinematografica troverà pane per i suoi denti nella telecamerina a ripresa notturna in dotazione di una delle donne: i mostri, nell’oscurità, possono essere visti solo attraverso lo schermo con tutto quello che ne consegue, dal cinema come strumento di disvelamento e comprensione del reale a tutta una serie di riferimenti a certi titoli degli ultimi anni (The Blair Witch Project in primis).
Spazio anche agli appassionati delle scene d’azione (i combattimenti sono crudeli e frenetici) e a chi cerca qualche angolo di poesia (il sogno/incubo ricorrente con la bambina che regge torta e candeline…).

Finale a sorpresa (nel senso che ci sorprende se confrontato con il 95% della produzione statunitense) fra ritorno alla preistoria (una delle protagoniste si ritrova fradicia di sangue con una torcia in una mano e una “clava” nell’altra) e una vendetta che una volta tanto viene servita calda, bollente. Salutiamo con un plauso questo piccolo-grande capolavoro che è già un classico e, si spera, influenzerà per anni il genere.

Neil Marshall conferma quanto già fatto vedere in Dog Soldiers, matura in stile e coscienza dei propri mezzi, si propone come vero e proprio autore (suoi anche soggetto e sceneggiatura) ed entra nel ristretto (e mio personalissimo) gotha dei cineasti che faranno la storia dell’horror nei prossimi dieci anni, insieme a Guillermo del Toro, Victor Salva e pochi altri…

*Su Positif non è mai stata pubblicata una recensione che non sia in esclusiva. Ma per una volta (caso più unico che raro), facciamo un' eccezione per The Descent, la cui recensione è nero su bianco anche su latelanera.com. Questo perchè è un film importante, importantissimo per la Redazione, e vorremmo darne la massima diffusione.

(27/10/05)

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