DETACHMENT – IL DISTACCO di Tony Kaye
REGIA: Tony Kaye
SCENEGGIATURA: Carl Lund
CAST: Adrien Brody, Marcia Gay Harden, James Caan, Christina Hendricks, Lucy Liu, Blythe Danner, Tim Blake Nelson, William Petersen, Bryan Cranston, Sami Gayle, Betty Kaye
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2011
USCITA: 22 giugno 2012
TITOLO ORIGINALE: Detachment
L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLO IATO TRA PUBBLICO E PRIVATO
Stato di New York, anno del signore 2012: Tony Kaye è Adrien Brody che è Henry Barthes che è un professore delle medie con la psiche in cortocircuito di equilibri instabili: il passato in famiglia che ritona per fulminei flash di traumi sottopelle, il presente di supplenze infinite in balia di un sistema distorcente, il futuro di barba incolta e ricordi agrodolcemente asciutti. E il film sta tutto qui, in quest’ansia di (non) vivere sospeso a fili invisibili eppure così prevedibili; fili che fanno sentire il distacco da ciò che circonda il protagonista e la sua interiorità ferita.
Retorica, della scuola, dell’adolescenza, della società, del cinema dal vero. Un falso d’autore bolso e stantio, che si infiamma solo nella curva triste degli occhi di Adrien Brody, per una volta di ritorno alla sua capacità di esprimere un disagio fisico, quell’essere fuoriposto sapendo di esserlo, che cita Camus e Poe ma non arriva a sfiorare l’inquietudine di tali coordinate emotivo-letterarie se non in alcuni momenti di grazia, mentre il resto è melma da 2012, decadente e fastidiosamente artistica nei primi piani, nei ralenti, negli stacchi frequenti di un montaggio allucinato, nei perché gridati e fasulli e futili di una sceneggiatura nata morta e impiantata a forza sull’infrastruttura cinematografica di un film a singhiozzo.
Se il precedente film di Cantet, La Classe, risultava alla fine solo più una versione intellettualoide e snob del mocciano Classe Mista 3a A – in quel suo declinare in multiculturalismo e povertà interiore l’infame battuta sull’Infinito di Leopardi (”leopardare”, chiaramente ndr) – Detachment è quel che rimane dall’altra sponda dell’Atlantico di un punto di vista radical sul ruolo dell’insegnante e del sistema educativo in una società contemporanea, fatta di Web 2.0, rancori, inspiegabili black out della civiltà: il dolore e l’incapacità di esprimere un senso civico attraverso il cinema e il racconto, l’immagine presa a prestito, il riciclo delle idee. In due parole: un fallimento annunciato, che un cast ispirato (in cui compare anche la stessa figlia del regista, Betty Kaye, così, tanto per dirne una) non sa, non può, non deve risollevare.