DOMINO

REGIA: Tony Scott
CAST: Keira Knightley, Mickey Rourke, Delroy Lindo
SCENEGGIATURA: Richard Kelly
ANNO: 2006


A cura di Luca Lombardini

UNA STORIA VERA

Top Gun, Beverly Hills Cop 2, Giorni di tuono, The Fan: a memoria d’uomo sono solo alcuni dei lavori che “arricchiscono” il curriculum vitae del secondogenito di casa Scott, precedenti filmografici che non facevano certo ben sperare. Ma in questa ennesima estate italiana regalata all’afa, con le sale chiuse per ferie o impegnate, nel migliore dei casi, con la riprogrammazione dei successi invernali, non c’era stereotipo che tenesse di fronte ad una curiosa nuova uscita che annoverava, tra gli altri, le performance di Christopher Walken e Mickey Rourke. E poi, tra tante pellicole modeste, Tony Scott rimane comunque il regista di Una vita al massimo, quindi perché non dargli un ennesima chance?
Nonostante i buoni propositi invece, di delusione si è trattato, e di quelle che non si dimenticano facilmente per giunta. Intendiamoci, l’idea del biopic sulla ribelle Domino Harvey, che preferisce una vita da bounty killer ad un’esistenza tutta lustrini e cene di gala, è tutto fuorché priva di fascino, ciò che provoca disappunto però, è come la storia è stata scritta e rappresentata.
Domino è una pellicola vittima del peggior credo digitale e ipercinetico, con una messa in scena esagerata e ridondante, in grado di stordire lo spettatore e costringerlo a non poterne più già dopo una ventina di minuti scarsi. I modelli di riferimento (Natural born killers e gli Ocean’s di Soderbergh) sono entrambi validi e fin troppo riconoscibili, ma Scott non possiede né lo sguardo dell’autore di Out of Sight, né il talento e la coscienza politica di un mostro sacro come Oliver Stone.
Keira Knightley parla, parla e parla ancora, un pistolotto lungo 124 minuti camuffato da flashback rivelatore dalla penna di RichardDonnie DarkoKelly, durante il quale, la frenesia registica di Scott lascia scappare più di uno sbadiglio, e per soffocarlo non bastano certo l’uso ricorrente della macchina a mano, gli inserti eterogenei, o una colonna sonora fracassona e incessante, praticamente insopportabile.
Quasi naturale quindi, che i richiami stilistici patinati, in puro stile anni ottanta, finiscano per incrociarsi con la forma di intrattenimento più becera conosciuta sul pianeta terra: il reality show, dove il buon Tony completa l’opera dando ampio spazio e visibilità a due meteore televisive che rispondono al nome di Ian Zeering e Brian Austin Green, per chi non li ricordasse, rispettivamente David e Steve in Beverly Hills 90210.
Sconfortati da cotanto pastrocchio, si finisce gioco forza nel concentrarsi sulla sceneggiatura che, a sua volta, risulta essere lacunosa e superficiale, proprio quando dovrebbe spiegarci i motivi veri, profondi e psicologici, per i quali l’insofferente Domino (figlia di Laurence Harvey, protagonista di Va e uccidi di John Frankenheimer) decide di abbandonare la sua agiata gioventù per imbracciare il meno femminile AK-47.
Kelly cerca di marcare il più possibile i contorni delle mille guest star messe a disposizione del regista, ma vi riesce solo in parte, abbandonando Walken in preda al suo tipico gigioneggiare e lasciando che uno sfatto Rourke si riduca ad una fotocopia sbiadita di Dog the bounty hunter.
Risulta difficile capire, come con un produttore come il fratello Ridley alle spalle, un cast saturo di nomi pesanti e uno sceneggiatore in gamba come Kelly, Tony Scott non sia riuscito a tirar fuori un film perlomeno godibile. Restano comunque gli allarmanti dati di pubblico, che hanno decretato il flop di Domino negli USA, a dimostrazione che anche nella terra in cui il “Wanted Dead or Alive” è, in parte, ancora permesso, la trasposizione cinematografica della vita di Domino Harvey ha lasciato con l’amaro in bocca più di qualche d’uno.

(13/09/06)

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