I FRATELLI GRIMM E L’INCANTEVOLE STREGA
REGIA: Terry Gilliam
CAST: Matt Damon, Heath Ledger, Jonathan Pryce
SCENEGGIATURA: Ehren Kruger
ANNO: 2005
A cura di Pierre Hombrebueno
GILLIAM SOTTO INCANTESIMO NEGATIVO
C’è chi sostiene che per fare dell’Arte, bisogna necessariamente
confinarsi fuori dalla cerchia della convenzione, isolandosi in un riflesso
dedicato completamente a sé stesso e rendendosi passivamente egocentrici. In
parole povere, si crea dell’Arte nello stesso momento in cui si fa
un’opera per sé stessi e non per un proprio pubblico. Kantianamente
parlando, potremmo considerare il prodotto artistico come un’etica che
non è il mezzo, ma solamente la finalità per dovere morale postulato della
libertà artistica.
Difficile poter essere d’accordo parlando di una forma espressiva come il
Cinema, da sempre in bilico tra arte e popolarità, manifestazione creativa e
industria. E proprio Gilliam dovrebbe saperlo, in quanto è proprio
l’aspetto industriale ciò che ha naufragato il suo progetto dei sogni: El
Quijote.
E comunque, coniugare l’aspetto artistico con l’aspetto commerciale
uscendo dal proprio guscio elitario, è privilegio concesso a pochi
(pochissimi), tra i primi che mi vengono in mente: Steven Spielberg e Tim
Burton. Ma anche Terry Gilliam in un passato non così remoto, ai tempi di
Banditi del tempo o Brazil, opere soggettivamente personali(zzate) e riproposte
al pubblico come oggettivo “film d’intrattenimento”.
Però qualcosa è cambiato da allora, nel Cinema e in Gilliam. Affermare la
propria autorialità in un prodotto commerciale non è più così facile, neanche
per un ex Monty Phyton, ed il risultato è un film dove il tocco di Gilliam è
solamente accennato, come vaghi ricordi di un’estetica e di uno
stravolgimento ironico non ancora (del tutto) perduto.
Le motivazioni di questo calo sono emblematiche, in quanto Gilliam rispecchia
in sé ciò che oggi definiremo “Un autore inculato dal sistema”, un
po’ come quegl’autori italiani moralmente costretti a lasciare
l’Italia per lavorare all’estero, dove era concessa loro più
libertà artistica e finanziamenti. E i finanziamenti di certo non mancano al
regista di Brazil, anzi, paradossalmente potremmo affermare che è la principale
motivazione di questa perdita di personalità. Si sa che quando in mezzo entrano
soldi, tanti soldi, il rischio maggiore è il disequilibrio che si viene a
creare tra autore e finanziatore che porta ad uno sdoppiamento evidentemente
marchiato nel prodotto finale.
Ed è
così che possiamo dividere I Fratelli Grimm in due versanti:
- (Ciò che rimane del)L’anima di Terry Gilliam – E lo vediamo fin
dall’incipit, politicamente scorretto, duro, crudele, tenero, e
favolistico nello stesso tempo. Poi, chiaramente, c’è l’ideologia
chiave dell’opera: il soverchiamento dei topos tematici di una narrativa
pre-esistente al Cinema; se in Banditi del tempo avevamo la rilettura
ironica(quasi)parodistica di Robin Hood, Napoleone, e Agamennone, qui viene
rivissuto e interpretato Cappuccetto Rosso, Raperonzolo, Biancaneve, e più chi
ne ha ne emetta.
Ideologicamente, l’opera di Gilliam si potrebbe tranquillamente
ricollegare a Shrek, rifatto carne ed ossa con l’estetica cupa e morta di
un espressionismo tedesco caliga-burtoniano. L’impatto più forte (e
logicamente più evidente) è quindi, come da sempre in Gilliam, ancora
l’estetica figurativa dei quadri, di una freschezza pittorica portata
alla suggestione dell’inquieto, soprattutto nella manifestazione
meta-fisica del Bosco (i ricordi di Raimi hanno aiutato), dove la sostanza sta
al di fuori del tempo, in un alter-dimensione che trasfigura il vissuto di quei
luoghi (non) calpestati. O le scenografie del villaggio, marcate ed efficienti
a ricreare l’atmosfera che sta in bilico tra iper-realismo e favola
surrealista. Gilliam mantiene dunque una propria etichetta autoriale, quella
che lo rende unicamente Gilliam e che trasporta in immagini (in movimento) il
suo bagaglio artistico personale. Però, vediamo subentrare anche la seconda
versante:
- La frustrazione della convenzionalità – Ciò che blocca la creatività di
Gilliam è la convenzione. E’ una situazione allarmante e preoccupante che
persino un regista come lui (e quindi, non un mestierante qualsiasi), sia stato
piegato ai voleri del mercato. Ciò che lo colpisce (e lo affonda) è la carica
post-moderna degli effetti speciali, così esageratamente
bombardati(bombardanti) da coprire il proprio fascino artigianale offuscandolo
e riducendolo a puro scheletro che ormai non si regge più in piedi (o non vuole
essere retto in piedi) da un’anima.
Sembra quasi voler accontentare a tutti i costi quella gran fetta di pubblico
occasionale che di Gilliam e del Cinema non sa nulla. Ed in fondo, si va in
sala per vedere Heath Ledger, Matt Damon, e gli effetti speciali. Come un
magnetismo irresistibile, Gilliam ne viene risucchiato come non mai, proprio
lui che in passato ci aveva insegnata la possibilità di trovare un equilibrio
tra arte e commercialità.
Che I fratelli Grimm non sia come Gilliam voleva che fosse, lo possiamo notare
nello svolgimento del plot, che ad un certo punto comincia ad appesantirsi di
una lunghezza estenuante e ripetitiva, artificiosa in quanto perde di
freschezza e di immediatezza, come le lunghissime scorpacciate nel bosco della
strega, dilatate ed infinite tanto da diventare fastidiose. Manca una sintesi,
come se il regista non fosse riuscito ad appropriarsi completamente della
sceneggiatura, ritagliata a mille pezzi e re-incollata male. In Fratelli Grimm,
quindi, è evidente una non-organicità nell’elaborazione dei contenuti,
che non riescono mai ad abbracciare la forma con scorrevolezza, formando così
un’alternarsi di trattamenti scenici o troppo brevi o troppo lunghi, dei
raccordi sintagmatici privi di fluidità, prigionieri e tenuti a forza da catene
pesantissime, proprio come è rinchiusa in una gabbia per uccellini
l’esasperante visionarietà dell’autore.
C’è ovviamente la teoria che Gilliam sia ormai un fallito, come prima di
lui Ridley Scott o Wes Craven. Di sicuro non è più un autore coi controcazzi.
Però preferiamo, almeno per ora, dare la colpa principalmente a tutto lo staff
del film tranne che a lui: al produttore, agli esecutivi, ai distributori, allo
sceneggiatore, ecc ecc.
E’ fiducia cieca e questo lo sappiamo.
Speriamo di non essere traditi. Per ora fingiamo pure che I fratelli Grimm non
sia mai esistito.
(25/11/05)