FUR
REGIA: Steven Shainberg
CAST: Nicole Kidman, Robert Downey Jr., Ty Burrell
SCENEGGIATURA: Erin Cressida Wilson
ANNO: 2006
A cura di Luca Lombardini
ROMA 06’: VENUS IN FUR
L’ultima fatica del regista di Secretary
non ha avuto certo un compito facile in quel di Roma. Inaugurare un festival
(festa) si sa, vuol dire dover fare i conti con una posizione che più rischiosa
e scomoda non si può, pericolo questo, che aumenta in maniera esponenziale
quando capisci che il novanta per cento di chi lo dovrebbe giudicare, passa tre
quarti della proiezione a consultare l’orologio per vedere quanto manca
all’arrivo della star che del film è protagonista.
Detto ciò, per capire quali sono i pregi (pochi) e i difetti (un po’ di
più) di una pellicola come Fur, basta
veramente poco. Per ricordare la celebre fotografa simbolo del movimento
controculturale newyorkese a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, Shainberg opta per un omaggio appunto
“immaginario” e solo marginalmente biografico, chi adora la Arbus quindi, e passa le proprie
giornate studiando e ammirando le sue fotografie, risparmi i soldi del
biglietto. Delle celebri istantanee infatti, qui non vi è traccia.
Fur in realtà, è una sorta di
“prequel”, che tenta di illustrare i motivi che fecero esplodere il
demone artistico nel cuore della celebre Diane, e lo fa attraverso una messa in
scena di riferimenti fantastici e favolistici, che prendono a piene mani da La bella e la bestia e Alice nel paese delle meraviglie.
Il regista colpisce nel segno, proprio quando decide di mettere la macchina da
presa al servizio del crescente sentimento di indipendenza che inizia a
maturare nella coscienza della futura artista. Shainberg di fatto, è abilissimo nel rivelare il progressivo
sgretolarsi delle sicurezze altoborghesi che gradualmente distruggono il
quotidiano reale di una tranquilla famigliola, e ad amalgamarle con la vera
causa di questo terremoto: l’incontro tra la Arbus e Lionel, uomo
ricoperto da una pelliccia di peli (da qui il titolo, ma anche il riferimento
alle origini della protagonista, figlia di un noto pellicciaio dell’epoca),
che sprona la vicina ad iniziare il suo creativo percorso di vita, liberandosi
così, dello strettissimo ruolo di assistente del marito. Sotto la paziente
guida di Lionel, Diane andrà ad imbattersi verso una serie di segni e simboli
di “proppiana” memoria (la chiave dorata che le permette di
incontrare il suo mentore, la botola che una volta aperta collegherà i due
appartamenti), che la condurranno ad innamorarsi di quel sottobosco di diversi
resi poi celebri dalle sue opere.
La magagna purtroppo, sta nel fatto che l’analisi sulla sensibilità e
sulla complessità d’animo di una donna come la Arbus, termina qui,
praticamente ancor prima di iniziare. Per carità, la bella mostra di nani,
giganti, gemelle siamesi e quant’altro, è visivamente affascinante, ma la
materia è trattata con tale superficialità che non sfiora neanche lontanamente
le poesie di celluloide che abbiamo imparato ad apprezzare visionando i
(capo)lavori di Browing o Burton.
Come se non bastasse, l’annunciatissima interpretazione della Kidman, si rivela ben presto un frullato
di pose manieristiche, talmente fredde e frigide da causare ben presto lo
sbadiglio collettivo (e qui l’orario della proiezione, cioè le nove del
mattino, non c’entra nulla), per non parlare di alcune sequenze
allucinanti, come quello nell’oceano di un ormai depilato Robert Downey Jr.,girato come neanche Ghezzi oserebbe per un promo a colori di
Fuori Orario.
A mente fredda quindi, Fur risulta
essere un film incompiuto, un vorrei ma non posso che fallisce in quello che
sarebbe dovuto essere il suo obbiettivo principale: rendere giustizia alla
memoria di un grande personaggio.
Resta comunque la convinzione che dietro il cognome di Shainberg, si celi la crescita graduale di un percorso autoriale
che, spinto da uno sguardo attento e privo di moralismo, possa diventare
l’ideale per filmare e normalizzare l’apparente anormale. Peccato
che in questo caso, il guizzo e lo sberleffo dissacrante di Secretary, appaia quanto mai assopito.
Forza e coraggio Steven, sarà per la
prossima volta…
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