GONE BABY GONE
REGIA: Ben Affleck
SCENEGGIATURA: Ben Affleck, Aaron Stockard
CAST: Casey Affleck, Morgan Freeman, Ed Harris
ANNO: 2007
A cura di Nicola Cupperi
MI E’ SEMBRATO DI VEDERE
CLINT EASTWOOD
Fughiamo immediatamente ogni dubbio: Gone Baby Gone è fra i migliori film distribuiti in Italia nel
2008, sullo stesso livello di grandiosità de Il Petroliere, Non è un Paese
per Vecchi, Onora il Padre e la Madre e Lo Scafandro e la Farfalla. È l'ultimo
arrivato, la mascotte di una cinquina di pellicole che sta nobilitando questo anno solare. E pochissimo importa se, come al solito, in Italia arriviamo dopo e arriviamo male, in
fondo dovremmo accontentarci di averli visti. Sempre SE siamo riusciti a
vederli tutti, dal momento che i film di Lumet e Affleck si sono impantanati nelle
maglie della stolida distribuzione italiana, sempre più calibrata a immagine e somiglianza rispetto a quella d'oltreoceano.
Negli Stati Uniti il film del magnifico vecchietto Lumet (a 83 anni ha buttato
allegramente nel cesso la pellicola per sbizzarrirsi col digitale) ha incassato
7 (SETTE! sic) milioni di dollari? Distribuiamolo a
caso, chissene. Per fortuna esiste il passaparola, e
per fortuna Onora il Padre e la Madre era stato
a Ottobre alla Festa di Roma. Affleck non è stato così fortunato: 19 milioni di dollari di incassi negli Stati Uniti, nonostante la valanga di
ottime critiche, hanno fatto meritare a Gone Baby Gone una vergognosa, miserrima distribuzione in 14
copie.
Non vorrei sbagliarmi, ma l'ultimo film di Louis Nero è stato distribuito con molta più
passione. Così, per dire.
Digressione. Nella metà degli anni '50 un belloccio attore californiano
esordiva, con scarsi risultati, nella televisione americana. Il physique du role
c'era tutto –alto, occhio azzurro, sguardo tenebroso-. Il problema del
nostro amico stava nel fatto che era veramente, ma veramente scarso a recitare.
Dieci anni di gavetta, quindi, non glieli toglie nessuno; fino a che non spunta
dal nulla un pazzo regista italiano, tale Sergio
Leone, che lo investe del ruolo di protagonista in ben tre episodi della
sua personale tetralogia western. È fatta, si dice il belloccio, e infatti negli anni '70 bussa alla sua porta Don Siegel,
non un pirla qualunque, che gli offre su un vassoio di platino la parte di Dirty Harry Callaghan,
l'ispettore con la 44 magnum. Che
dire, il belloccio ha avuto la sua dose di fortuna e successo, ma rimane un
attore veramente scarso. Che il suo talento stia d
un'altra parte? Proviamoci dietro la macchina da presa, si
sarà detto. Signori e signori, Clint Eastwood.
Ora, non è che tutti gli scarsi attori famosi che
diventano bravi registi devono per forza essere assimilati a Clint Eastwood. Ma per Ben Affleck, e qui la spariamo grossa, non si può fare
davvero diversamente. Osservando estasiati Gone Baby Gone, sembra di vedere, per
semplificare, un copione anticlassico come può essere stato quello di Zodiac, diretto
da un regista solido, maturo, imbevuto di classicità come Clint Eastwood.
Di Zodiac
ritroviamo la stessa abilità nel saper decentrare l'attenzione, nel riuscire a
creare delle atmosfere così ancorate al genere ma allo stesso tempo, o forse
proprio per questo motivo, capaci di sublimarlo per portare il film altrove;
una pellicola, quindi, che sta al thriller proprio come Zodiac stava
al poliziesco, in maniera indissolubile e lieve allo stesso tempo, libera di
librare sui sentimenti e le moralità dei protagonisti.
Il primo e più forte contatto con Eastwood, invece, esiste grazie a
una persona in carne e ossa: Dennis Lehane, sceneggiatore e scrittore. A Clint dona il
materiale per Mystic River, punta
inarrivabile, per chi vi scrive, del cinema recente del maggiore regista
americano vivente. Affleck,
invece, adatta il suo film dall'omonimo romanzo, uscito in Italia come La Casa Buia. La condivisione della
stessa penna si fa sentire eccome (a partire dal luogo di svolgimento dei
fatti, lo stesso spaventoso, cattolico New England),
anche se poi, ovviamente, in un film c'è molto di più. Quel molto di più per Affleck è un parco attori di nobilissimo
lignaggio (Casey Affleck, Michelle Monaghan, Morgan Freeman, Amy Ryan e
soprattutto Ed Harris),
una capacità di scrittura già dimostrata ampiamente ai tempi di Will Hunting Genio
Ribelle, ma soprattutto una regia che funziona, un livello di maturità
spaventoso, un gusto estetico affinato, un grande amore per ciò che si racconta
e per come lo si racconta.
Giù il cappello per Ben Affleck. Ora attendiamo che qualche inutile attore
italiano decida di mettersi dietro la macchina da
presa, chissà mai che ne esca qualcosa di buono.
(10/04/08)