HARRY POTTER E IL CALICE DI FUOCO
REGIA: Mike Newell
CAST: Daniel Radcliffe, Emma Watson,
Rupert Grint
SCENEGGIATURA: Steve Kloves
ANNO: 2005
A cura di Pierre Hombrebueno
(PRE)GIUDIZI (PRE)CONFERMATI
Il dubbio frenetico mi venne nello stesso preciso istante in cui fu annunciato
il nome di Mike Newell (4
matrimoni e un funerale) come successore di Alfonso Cuaròn. Infatti, se i primi due
film di Chris Columbus
servivano come introduzione descrittiva al mondo del (allora) piccolo Harry Potter, in Alfonso Cuaròn abbiamo avuto un (grande) stacco netto. Con
l’autore di Y tu mamà tambièn, siamo difatti
entrati nel passaggio da bambino ad adolescente, con
tutte le paranoie che questo consegue. La saga di Harry
Potter, dunque, aveva iniziato un percorso
ascendentale alla scoperta delle psiche emotive di questi bambini che stavano
diventando ragazzi, assumendo così una valenza formativa che disegnava magnificamente
un passaggio necessario e difficile nella vita dei protagonisti, preannunciando la fine della magia fanciullesca per
interiorizzarsi nella crescita.
Ereditare la torcia da un geniale scopritore di adolescenti
come Cuaròn non era quindi un facile privilegio.
Con Newell avevamo già avuto traumi precedenti su
questa scottante tematica, come la depistazione
alla Attimo fuggente di Mona Lisa Smile, dove all’indagine introspettiva si
predilige lasciarsi andare la mano con narcisismi per teenager brufolosi alla Dawson’s Creek.
Purtroppo le nostre
paure si avverano, e subiscono lo stesso trattamento i nostri eroini Harry, Ron,
e Hermione, le cui trasformazioni fisiche sono a dir
poco strabilianti (sembrano tutti e 3 ventenni ormai). E proprio su questa fisicità
sembra imporsi la mano di Newell, in una malizia che
ha poca della sociologica; non hanno torto coloro che
definiscono Il calice di fuoco come un “film per guardoni”,
che scava nella trasformazione di Daniel Radcliffe da
gracile fanciullo a omone muscoloso con tanti peli sotto le ascelle, oppure
Emma Watson, che qua vediamo per la prima volta in
tutta la sua bellezza da reginetta del ballo liceale di fine anno scolastico.
In questo senso, diventa emblematico il teaser della pellicola girato per la rete già mesi fa, un
frammento di 30 secondi che mostrava abilmente le trasformazioni fisiche dei 3
protagonisti da film a film.
Rispetto Cuaròn però, il passo è all’indietro,
fino a La camera dei segreti, dove il
concentramento narrativo si focalizzava sul gusto dell’avventura, e non
su un’introspezione spirituale e metadermica. Questi ragazzi sembrano ingranditi solo fisicamente, e non
mentalmente. (In)necessariamente, si spezza il climax creatosi nella
saga, si rompe quella catena di crescita adolescenziale che stava pian piano
avvenendo nei personaggi, per colpa di una mancanza evocativa delle atmosfere
cupe e noir che rispecchiavano la confusione del passaggio bambino-adulto.
Newell non sa realmente come trasporre
in immagini le parti più importanti ed interessanti del libro, come le
delusioni amorose, le gelosie, e i litigi, tematiche
mai analizzate con occhio acuto e brillante, anzi, a volte, sono addirittura
evitate come la peste bubbonica (per esempio, manca il passaggio del
riconciliamento tra Hermione e Ron
dopo il loro piccolo grande litigio durante la cerimonia del ballo).
E poi, quell’avvenimento importantissimo della
morte del compagno di scuola, la prima veramente in diretta dall’inizio
della saga, una svolta nella mente di Harry et co. che non viene
metabolizzata ed indagata, perché Newell rifiuta
l’elaborazione del lutto, preferendo solamente accennare senza affondare
la mano, in quanto è privo di un talento capace di portare a galla le emotive
più nascoste dei suoi personaggi.
Il regista, dunque, ha una visione superficiale dell’universo potteriano, che mette in scena affidandosi completamente
agl’effetti visivi, che per fortuna (almeno quelli), sono gestiti in
maniera eccellente, come il combattimento tra Harry e
il drago, seguito da una macchina da presa che imprime la dinamicità e
l’euforia iperbolica dell’eccitazione mista a paura.
Newell sa che il suo pubblico è già un aficionado del
mondo creato da Rowling, non ha più bisogno di
spiegare che cos’è Azkaban o chi è Sirius Black; confeziona dunque un divertissement
che ogni fan privo di spirito critico godrebbe passivamente, intrattenendosi in
questa cornice a cui ormai è abituato perché lo segue da anni, come una lunga
telenovela che in fondo al cuore spera che non finisca mai. Ma parlando di
telenovele, Il calice di fuoco si potrebbe considerare come una di quelle
puntate dove non succede assolutamente nulla che aggiunga al tessuto narrativo
più di quanto ormai già sappiamo, una sorta di intervallo
fra i due tempi che realmente contano. Con la differenza che in questo film,
oltre a non succedere niente, persiste anche una carica di superficialità
veramente fastidiosa e deludente.
(28/11/05)