FINE DI UNA STAGIONE: #1 HOLY MOTORS di Leos Carax
REGIA: Leos Carax
SCENEGGIATURA: Leos Carax
CAST: Denis Lavant, Edith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue, Michel Piccoli
NAZIONALITÀ: Francia/Germania
ANNO: 2012
LA BELLEZZA DEL GESTO
“La Bellezza è nell’occhio di chi guarda”
“e se non ci fosse più nessuno a guardare?”
La Visione pura diventa Cinema, nella sua accezione più alta, in Holy Motors, l’ultimo capolavoro di Leos Carax, giunto dopo ben tredici anni di inattività in una carriera complessa ed atipica. La giornata inaugurale della trentesima edizione del Torino Film Festival si apre dunque con uno dei film più attesi, un titolo che, dopo la presentazione al Festival di Cannes, si temeva potesse finire nell’antro dei tesori celati, poiché ignorati da una distribuzione ottusa. Il dono, per ora, ha graziato il pubblico all’ombra della Mole, fagocitando il buio della sala e suscitando le (prevedibili) reazioni contraddittorie.
Una pellicola che oppone resistenza ai tentativi di analisi critica, in quanto Visione allo stato puro, disseminata da segni e simboli che poco per volta strutturano un narrato che si offre alla totale libertà di interpretazione; una riflessione sul mezzo filmico in se stesso, metacinema sotto mentite spoglie e al tempo stesso opera metavitale, in quanto ciò che vediamo scorrere sullo schermo è la sublimazione dell’esistenza stessa.
Il Sé e i propri doppi, che in questo caso diventano molteplici declinazioni della magnifica ed elfica maschera attoriale di Denis Lavant, icona di Carax, un Monsieur Oscar il cui lavoro è recitare ruoli, cambiando vesti a bordo di una Limousine bianca guidata dall’affascinante Céline, nome che è ovviamente simbolo. Vediamo Oscar diventare, di volta in volta, zingara, padre di famiglia alle prese con la figlia adolescente, anziano in punto di morte; assistiamo al suo calarsi in una realtà virtuale per una sequenza di sesso mimato, nel quale i corpi sono avvolti da tute in pvc, barriere che impediscono il contatto. Ritorna nei memorabili panni di Monsieur Merde, già visto nel magnifico segmento del film a episodi Tokyo!, in una delle caratterizzazioni più surreali ed emblematiche dell’intera opera. L’essere mostruoso incontra la statuaria modella Kay M (Eva Mendes), in un set fotografico al Père Lachaise, donandoci una scena di suggestione pittorica squisitamente iconoclasta, con un Monsieur Merde completamente nudo che dorme in grembo alla donna/Madonna, novello Gesù col valore aggiunto di un’evidente erezione.
Oscar nel corso del film uccide un uomo, sempre interpretato da Lavant, per poi prenderne le sembianze: Carax gioca con lo spettatore, mettendo in palio una posta sempre più alta. La vita come un susseguirsi di ruoli e maschere, talmente vorticoso e asfissiante da perdere la percezione del proprio vero volto, confondendo se stessi con l’altro, uccidendolo per poi trasformarsi in lui.
L’Amore è rappresentato da Eva Grace/Jean (un’efficace da Kylie Minogue), anche lei interprete di ruoli “su misura”: un incontro fugace, con i minuti contati, ed una conclusione tragica.
Holy Motors unisce il poetico al grottesco senza nessuna stonatura, in una sinfonia stilistico/narrativa che rasenta la perfezione. Riflessione sul cinema (evidente nel prologo, in cui Carax stesso si regala un’apparizione), e sull’esistenza mediante una rappresentazione che fa del visivo un’arma splendida e mesmerizzante.
Un inizio in grande stile dunque, per questa edizione/anniversario del Festival torinese, e una pellicola che vale ogni minuto dei tredici, lunghissimi, anni di attesa.