IL GUSTO
DELL’ANGURIA
REGIA: Tsai Ming Liang
CAST: Lee Kang Sheng, Chen Shiang
Chyi, Lu Yi Ching
SCENEGGIATURA: Tsai Ming Liang
ANNO: 2005
A cura di Pierre Hombrebueno
SESSO E AMORE SECONDO TSAI MING LIANG
Lunghissimi piani fissi. Pochissimi stacchi di montaggio all’interno
delle scene. Quadri pittorici, eleganti, metabolizzati, puri, veri, vivi,
riflessivi e riflettenti. Il Cinema di Tsai Ming Liang è quanto di più
riconoscibile nel panorama cinematografico, e finalmente (e giustamente),
arriva in Italia anche Il Gusto dell’anguria, già premiato al
Festival di Berlino con diversi riconoscimenti al (grande) valore artistico
dell’opera.
Il
“Pene” aka organo sessuale maschile, è
mostrato (quasi) esplicitamente da Tsai Ming Liang in questo film
dissolvente mentre espelle lo spermatozoo. La frustrazione e la disperazione,
diventano la trasfigurazione della masturbazione. Siamo in piena copertura
sesso-pornografica, la pelle estremizzante di quest’ultima
fatica del grande maestro Taiwanese.
L’altra faccia della stessa medaglia, è invece l’
“Attrazione”, quella magnetica tra Hsiao Kang e Shiang-Chyi, l’ex
fissato con I 400 colpi e l’ex
“donna di Parigi”, ovvero i due protagonisti che avevamo già
conosciuto precedentemente in Che ora è
laggiù.
Unendo “Pene” e “Attrazione”, otterremo la parola
chiave per l’analisi de Il gusto dell’anguria:
“Pene-trazione”.
Penetriamo infatti tra le viscere di tutto il Cinema precedente di Tsai Ming Liang,
come se ci avesse preparato già da anni un climax ascendente per portarci qui
in vetta, nel Wayward Cloud
che denota l’estremizzazione di tutte le tematiche a lui care.
Per mostrarci la solitudine della grande città, non ci
disegna più solamente un branco di persone che scorrono tra di loro senza
toccarsi mai, ma svuota direttamente lo spazio della metropoli, spazzando via
tutte le anime (non) viventi e lasciandoci sul quadro solamente i protagonisti
che vagano come fossero i superstiti di un genocidio universale.
Ai baci mancati vengono sostituite lunghe scene di
sesso (penetrazioni) esplicito, anche se questo compenetra un altro livello di
lettura, ovvero la contrapposizione dei sensi (e dei sessi). Da una parte
abbiamo il silenzio tipico di Tsai Ming Liang, quello
dell’amore non parlato, ma metabolizzato e sentito internamente
nell’Anima, quello che vive di spontaneità e naturalezza.
Dall’altra, abbiamo il sesso del set pornografico, duro, esplicito, e
calcolato in quanto finzione. Questa doppia faccia de Il Gusto
dell’anguria s’imprime nel protagonista stesso e nella
sua doppia vita di porno-star e neo-innamorato: il
sesso come mestiere da un lato, e il taciturno innamoramento dall’altro,
così puro da rifiutare persino (fino ad un certo punto) le avance morbose
dell’amata.
Il gusto dell’anguria è il sequel
ideale di Che ora è laggiù, ma anche
una possibile continuazione di The Hole – Il Buco (buco: altra penetrazione connotativa). Entrambi, infatti, mostrano
il (ri)trovamento di un’Amore e di un motivo per dare senso alla propria
esistenza alienata. Sempre da The Hole vengono ripresi gli
stacchi musicali, questa volta non più per omaggiare gli spettacoli cabarettistici retrò della vecchia Hong Kong, ma per
celebrare con eccentricità la gioia per l’anima gemella finalmente
abbracciata. Per questo, queste pause musicali sono quasi kitsch, coloratissime
e con un grande impianto teatrale, oseremo dire quasi dinamiche
e cartoonesche.
Tsai Ming Liang mostra il suo lato più dolce, perché non (sor)vola
più attorno ai fantasmi che cercano di trovarsi senza riuscirci, bensì attorno
a nuove unioni formatosi già in precedenza. Fatto più unico che raro, vediamo
dei sorrisi, quelli dei protagonisti non più afflitti dalla loro solitudine. La
poetica di Tsai Ming Liang nell’approccio alla dolcezza dell’amore
ci regala scene incredibilmente romantiche nella loro spontanea naturalezza,
come il momento in cui Hsiao Kang
fuma con la sigaretta infilata tra i piedi di Shiang-Chyi.
E’ comunque e chiaramente una dolcezza non
convenzionale (da sempre sappiamo che Tsai rifiuta la
convenzionalità), infatti, il richiamo di questa scena porta alla visione
feticista dell’autore, quello infisso alla corposità materica
che sta alla base anche delle scene di sesso pornografico, così impuntate sulla
fisicità e sui primi piani degl’attori, per cogliere appieno
l’espressività dell’ “osceno” orgasmico.
Sia l’atto d’amore che l’atto di porno-sesso,
quindi, poggiano sulla stessa base, ed è così che
giungiamo alla punta del climax, nella scena finale del film, dove questi 2
elementi, queste due facce, diventano complementari: l’atto sessuale più
osceno diventa anche il simbolo più puro dell’amore, lo sfogo disperato
per abbattere le barriere una volta per tutte, penetrando sia nella fisicità
organica che nello spirito dell’essenza affettiva. Corpo e Cuore,
necessariamente, si fondono in una sola entità, in una sola azione, proprio
come mostratoci in una scena precedente, dove i 2 protagonisti camminano per la
città uno sopra i piedi dell’altro: e’ simbiosi, ma anche
l’allegorico compimento dei loro sentimenti. Le strade sono ancora e
sempre vuote, ma Hsiao Kang
e Shiang Chyi non camminano
più da soli, bensì aggrappati l’un
l’altro.
Ma in fondo, Tsai ce l’ha
detto chiaro e tondo fin dalla prima scena, dove la protagonista Shiang-Chyi incrocia (in un incrocio) una pornostar. Non si toccano, ma con quei frammenti è come se fossero
state in qualche modo legate: il simbolo
dell’amore e il simbolo del sesso che si dissolvono in un’unica
materia, come un yin e yang
in verità inseparabili, compenetrati e compenetranti.
(06/12/05)