LOVE AND SECRETS di Andrew Jarecki
REGIA: Andrew Jarecki
SCENEGGIATURA: Marcus Hinchey e Marc Smerling
CAST: Ryan Gosling, Kirsten Dunst, Frank Langella, Lily Rabe, Philip Baker Hall
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2010
USCITA: 1° Giugno 2012
TITOLO ORIGINALE: All Good Things
L’AMORE È PIÙ FREDDO DELLA MORTE. E ANCHE IL DENARO.
Il caso dell’ imprenditore Robert Durst , della misteriosa scomparsa di suo moglie, e della sua assoluzione in tribunale (the rich ones always win), monopolizzò le cronache newyorkesi per lungo tempo, al punto da spingere la macchina Hollywoodiana a realizzarci un film, questo Love and Secrets, diretto da Andrew Jarecki, al suo primo lungometraggio fiction (suo il documentario Una Storia Americana, di tematica per molti versi analoga, che gli valse una nomination agli Academy Awards), che approda nelle nostre sale a ben due anni di distanza dalla sua uscita. Una storia interessante per il pubblico statunitense, assai meno per quello italico, per lo più estraneo alla vicenda di questa famiglia di magnati dell’edilizia.
La pellicola è strutturata su due livelli, quello visivo, ossia la lunga narrazione che copre un arco temporale che va dal 1971 al 2003, e quello uditivo/verbale, extradiegetico per buona parte del film, l’ interrogatorio a cui è sottoposto il protagonista David Marks (un eccelso Ryan Gosling), un botta e risposta che scorre in parallelo con le immagini, spesso con soluzioni indovinate.
Un costrutto che pare funzionare, almeno all’ inizio, con un incipit efficace sebbene assai derivativo, dopo il quale si schiude il lungo flashback, dai ’70 ai giorni nostri, in cui, a livello di messa in scena, il compito della ricostruzione di certe atmosfere dell’ epoca viene portato a termine in modo diligente, con le musiche giuste (abbondano gli Steely Dan) e gli abiti ad hoc, con un montaggio ben realizzato che dona al canovaccio la giusta fluidità. Ma tutto questo non basta. Come spesso accade, una bella confezione non è garanzia di un buon contenuto e questo è il caso di Love and Secrets che, nonostante le ambizioni, non riesce a tenere su un’ impalcatura troppo imponente.
La pecca principale della pellicola si trova nello script, che getta letteralmente al vento parecchi spunti interessanti, lasciandoli in superficie, come patine e pretesti: il trauma infantile di David, il suo disturbo mentale, il rapporto conflittuale con un padre ingombrante ma al tempo stesso assente e arido (un superbo Frank Langella) ma soprattutto quello che doveva essere il cuore pulsante del film, ossia la storia d’ amore con Katie (la come sempre abbagliante Kirsten Dunst, che ci regala un’ ottima prova attoriale). I due si conoscono per caso, in un batter d’ occhio si sposano, senza conoscersi, in preda al classico colpo di fulmine; li vediamo passare dall’ idillio al distacco senza un’ adeguato sviluppo degli eventi, come se tutto fosse accaduto in un attimo , mentre in realtà la loro storia si snoda nel corso di diversi anni.
Lo spettatore viene a conoscenza dei disturbi psichici del protagonista in modo quasi casuale, senza un’ adeguata gradualità, con la mancanza di quei segnali e indizi che sarebbero stati necessari al fine di un coinvolgimento empatico nella vicenda. E’ proprio questa la grande lacuna del film, non riesce a coinvolgere, nonostante gli elementi di forza emotiva: amore, malattia mentale, ossessione, trauma, e delitti. In altre mani, vi sarebbe stata materia abbondante per creare un melò noir a tinte forti, qui ci troviamo davanti a un prodotto sciapo, senza infamia e senza lode, che finisce per sprecare delle buone performance d’attori.
Un altro spunto potenzialmente efficace, quello del cambio d’ identità di David, della sua fuga in Texas dove vive per un certo periodo travestito in abiti femminili per non farsi riconoscere ma soprattutto “per non essere più David Marks”, è presentato in modo quasi macchiettistico, con qualche scena che vede Gosling andare in giro con tacchi e parrucca, senza nessun approfondimento di un tema che avrebbe potuto essere assai interessante.
La pellicola tenta di rubacchiare qua e là ai grandi Maestri del genere, da Hitchcock a De Palma, ma sono debitucci da quattro soldi, rimandi talmente malriusciti da non poter nemmeno essere considerati tali.
La prima prova di Jarecki nell’ ambito del feature film, dunque, non può dirsi riuscita, sebbene avesse a disposizione del materiale ottimo, partendo dal cast fino a tematiche non troppo originali ma comunque ben plasmabili. Non convince, e annoia.