badass in sala

B power B pride: MACHETE KILLS di Robert Rodriguez

machete kills (1)

REGIA: Robert Rodriguez
SCENEGGIATURA: Kyle Ward
CAST: Danny Trejo, Michelle Rodriguez, Mel Gibson, Charlie Sheen, Sofía Vergara
USA 2013

Quentino Tarantino, Rob Zombie, Robert Rodriguez. La sacra triade del cinema post moderno, citazionista e omaggiante, sostanzialmente immobile o quasi sotto la campana di vetro del suo immaginario, chiude idealmente l’anno solare con Machete Kills. Formula che vince non si cambia, verrebbe da dire: almeno per quanto concerne il caso di Rodriguez, senza dubbio il più accessibile, popolare e superficialmente godibile dei tre cognomi citati; come gli altri perfettamente a suo agio nel circuito mainstream nonostante conservi l’animo dell’onesto B movie maker, più degli altri maggiormente diretto, decisamente meno pretenzioso, gustosamente più autoironico.

Rodriguez, e di conseguenza i suoi Machete, piacciono perché onesti, pensati e girati per quello che sono non barano, mantengono ciò che promettono preferendo l’elementarità alla complessità: intrattenimento puro e semplice. Lì dove Tarantino sconfina, Rodriguez resta al suo posto senza peccare mai di presunzione. Lì dove Rob Zombie s’impone di fare l’autore, Rodriguez preferisce restare artigiano. Dei tre, insomma, è l’unico ad aver catturato e compreso appieno lo spirito di Grindhouse, conservandone l’attitudine squisitamente ludica nonostante la dichiarata incapacità di replicare l’equilibrio tra sacro e profano raggiunto e ostentato nell’impareggiabile Planet Terror.    

Parimenti al suo predecessore, Machete Kills si nutre dell’ossigeno proveniente dalle pose del fumetto popolare e sboccato, della nobile graphic novel cartacarbonata in Sin City restano solo i profili delle valchirie armate fino ai denti; il resto è terreno di caccia per le plastiche istantanee pulp, figlie della monoespressività interpretativa del suo personaggio principe: la forma fa della sostanza un sol boccone buttandolo giù senza masticare, lo spettatore torna bambino regredendo di gioia. 

Sopiti i prodigi di linguaggio diretta conseguenza dello squattrinato El Mariachi (che sta a Rodriguez come Le Iene a Tarantino), sopravvissuto ai compromessi che fruttarono i mai totalmente a fuoco Desperado e C’era una volta in Messico, con Machete Kills Rodriguez cristallizza ciò che meglio gli riesce: la naturale evoluzione del grandguignolesco decoupage Dal tramonto all’alba. Senza prendersi troppo sul serio, senza promettere funamboliche rivisitazioni western presto abbandonate alla logorrea (Django Unchained), consapevole di non possedere la classe, marcia e bastarda, di alcuni suoi colleghi (Le streghe di Salem), Robert Rodriguez continua umilmente a dirigere sempre lo stesso film, restando tra le righe anche quando sembra andare oltre.

Specie registica in via d’estinzione per questo meritevole d’essere protetta, gli auguriamo di conservarsi a lungo così.

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