SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO di Jim Jarmusch
Pubblicato originariamente il 1° aprile 2014
REGIA: Jim Jarmusch
SCENEGIATURA: Jim Jarmusch
CAST: Tom Hiddleston, Tilda Swinton, Mia Wasikowska, John Hurt
NAZIONALITÀ: Germania, USA, UK, Francia, Cipro
ANNO: 2013
Loner del cinema americano, Jim Jarmusch sta al racconto per immagini a stelle e strisce come Mark Lanegan all’immaginario musicale. Appartato e solitario, Jarmusch persiste nel suo percorso autoriale: incapace com’è di smarrire quella grezza scintilla creativa che dona ai suoi film una freschezza tipica delle opere prime.
Only lovers left alive succede allo strano caso The limits of control, sorta di esperimento che a Melville era intenzionato a miscelare tanto Antonioni quanto il Kurismaki di Ho affittato un killer. Oggetto particolare il predecessore di Only lovers left alive, duro da masticare persino per i fan più hardcore del regista. Di tutt’altra forma (e sostanza), invece, la sua ultima fatica, caratterizzata da punti di vista decisamente più accessibili: proiezioni che, sfruttando l’immaginario vampiresco, indirizzano questo Jarmusch sulla scia qualitativa riconducibile a Byzantium di Neil Jordan.
Only lovers left alive dichiara il suo paterno senso d’autore fin dalla prima, circolare sequenza: durante la quale la macchina da presa si avviluppa su un brano rockabilly rimandando immediata la memoria all’incipit di Broken Flowers. L’incedere musicale è caratteristica fondamentale di Only lovers left alive: Adam, musicista vampiro, assomiglia non poco ad un’eterna rappresentazione di Trent Reznor. Geniale e immortale, compone musica dal background newyorkese, al sapor di Velvet Underground (icona maledetta della Grande Mela, la stessa che adottò il giovane Jarmusch). Ne consegue che Only lovers left alive tutto si adegui a questo mood, più ipnotico che psichedelico, istallandosi tra quel che resta di Detroit: metropoli industriale e rock’n'roll, culla degli incendiari MC5 ora ridotta a sobborgo fantasma; dove Adam in solitudine creativa dimora e crea. A pochi isolati dalla casa d’infanzia di Jack White.
Ennesimo esperimento concepito per mandare in cortocircuito il genere di riferimento, Only lovers left alive si confronta con l’horror come Dead Man e Ghost Dog fecero, rispettivamente, con il western e il noir. Indipendente nell’animo, colto nelle sue citazioni non solo musicali (tra gli altri Faust, Caligari, Shakespeare e Tesla), un passo al di qua rispetto al confine dell’alternativo di facciata – invero più volte sfiorato, ma tenuto comunque a distanza di sicurezza da un cuore pulsante sincerità – l’ultimo Jarmusch parla la stessa lingua di 4:44 Last Day on Earth, rivendicando orgoglio analogico e vintage attraverso le composizioni del suo magnetico protagonista.
Abel Ferrara, appunto. Nell’osservare Only lovers left alive risulta inevitabile pensare tanto a 4:44 Last Day on Earth quanto ad Addiction. E se messo a confronto il primo appare (ora) come un’opera quasi gemellare nel raccontare anch’esso una fine del mondo, il secondo non può non essere chiamato in causa come termine di paragone e di ispirazione, in quanto tossico nel suo scorrere emoglobinico come il rischio che quotidianamente corrono i succhiasangue di Only lovers left alive; costretti sul chi vive dal progressivo degradarsi, ammalarsi e contaminarsi del comune mortale (soprannominato non a caso zombie). Il cui sangue, ora, è tentazione pericolosa e tutt’altro che salutare. Causa pressoché certa di contaminazione, infezione e malattia.
Ne consegue che la Detroit di Only lovers left alive si mostri per quello che è (diventata): una città fantasma, decadente nell’accezione fisica e negativa del termine, campione urbano di un mondo ridotto a rottame, inutile o quasi anche per chi possiede il dono dell’immortalità. Una desolazione che Jarmusch cattura alternando lirismo e romanticismo, costruendo sulle dinamiche relazionali degli eterni vampiri – una volta padroni di quel Giardino dell’Eden chiamato Terra – un nuovo, sfuggente e bizzarro episodio di un curriculum filmografico in grado di invecchiare senza ripetersi e di ripetersi senza annoiare.
Comunque incapace, nel bene e nel male, di lasciare indifferente lo spettatore.