Weird girls – Il cinema di Lucky McKee: THE WOMAN
REGIA: Lucky Mckee
SCENEGGIATURA: Jack Ketchum, Lucky Mckee
CAST: Pollyanna McIntosh, Angela Bettis, Sean Bridgers, Lauren Ashley Carter
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2011
Lucky Mckee e Jack Ketchum dovevano incontrarsi. L’anima nera dell’ultima letteratura americana e il regista che assieme a Rob Zombie ha meglio rappresentato la prima decade horror dei duemila USA, necessitavano solo di un’occasione che fosse migliore della precedente: Red, matrimonio combinato e prematuro celebrato dal subentrante T.A.Diesen. The Woman è il posto e il momento giusto per liberare la sinergia che sotterranea unisce romanziere e cineasta, esaltando le inclinazioni autoriali del secondo: mai come in questo caso efficace nel costruire un horror femminile e brutale.
Sequel indipendente di Offspring, questo Mckee riallaccia i rapporti con Non aprite quella porta tornando a battere sentieri prossimi alla tortura psicologica già proposta da Hooper: la violenza, prima mentale che fisica, si riverbera all’interno di un intreccio narrativo prospetticamente capovolto e originale, che sfrutta lo stereotipo cannibalico come metafora di critica sociale ponendo il civilizzato non più come vittima, bensì come carnefice che cosciente introduce la minaccia in casa, al fine di rieducarla.
La centrica quadratura di The Woman fa si che ogni tassello trovi la sua naturale collocazione, tanto tecnica quanto narrativa. La regia, scarna e rozza come la realtà che incornicia, si sofferma su squarci lacerocontusi di (dis)umanità a loro volta illuminati da una sapiente scelta fotografica naturale, velata quanto basta da una patina livida. Secco e asciutto, The Woman lavora sulle percezioni dello spettatore trascinandolo in un gorgo di follia, disperazione e disgusto morale, salvo stordirlo del tutto con impennate di dolcezza dissonante e radicale, affidate alla sapiente colonna sonora alt-rock di Sean Spillane; a conti fatti il vero punto di forza dell’operazione tutta, inattesa carezza prima e dopo lo schiaffo dalla distorsione crunch in modalità on: magistralmente incastonata nell’equilibrio dei montaggi musicali.
Interpretare The Woman come pellicola rivolta esclusivamente alla critica della modernizzata società banalizzerebbe questo McKee quasi quanto le accuse di misoginia piovutegli addosso. Più che al moderno modus vivendi (che a Non aprite quella porta premeva invece picconare) The Woman è interessato alla tagliente e violenta satira nei confronti di un certo pensiero patriarcale, fallocratico e maschiocentrico caratterizzante la profonda ruralità statunitense, dittatura incancrenitasi tra le mura domestiche che Ketchum e Mckee ridicolizzano fino ad amputarla, masticando dita e sputando fedi nuziali dal profondo di un femminismo cieco e combattente; che ripensa il mito del buon selvaggio dopo aver subito le vessazioni di un pavido capofamiglia: forte con i deboli, sadico nei confronti di chi versa in condizioni di fisica impotenza.
Quello sferrato da Ketchum e Mckee è un assalto filosofico, rivolto più ai padri fondatori dell’America piuttosto che ai loro benestanti eredi odierni. Alla donna selvaggia spetta il compito di terrorizzare questo consolidato status quo inzuppando di sangue vivo una mise colonica: natura ancestrale che violenta si libera, fendendo brama di giustizia, cacciando e facendo prigionieri in nome della maternità.
Non aprite quella porta mostrava una primitiva famiglia americana intenta a confrontarsi con il malcapitato arrivo di una nuova generazione di statunitensi, a loro volta bloccati in un contesto naturale e selvaggio. The Woman sopravvive ad Hooper e ad Offspring ritrovandosi prigioniera in uno spazio meno originario ma altrettanto bucolico e autoregolamentato, se paragonato a quello bestiale di Non aprite quella porta.
A lei il compito di sgretolare, prima mentalmente e poi fisicamente, questo deforme nucleo familiare a stelle e strisce.