Weird girls – Il cinema di Lucky McKee: THE WOODS
REGIA: Lucky McKee
SCENEGGIATURA: David Ross
CAST: Agnes Bruckner, Patricia Clarkson, Lauren Birkell, Rachel Nichols
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2006
Lucky McKee, nel panorama multiforme e in perenne evoluzione del cinema americano indipendente (la costola veramente off del Sundance), riveste da un po’ di tempo a questa parte il ruolo duro a morire della promessa eternamente incompiuta. Vuoi per la sua oscillazione tra il gore e lo strambo, vuoi per un’originalità quasi sempre ricca di soluzioni ma allo stesso tempo difficilmente inquadrabile, in particolar modo per la sua spiccata propensione a cedere alle lusinghe del mainstream. Un regista brillante ma irrisolto, che al colmo dell’involuzione finisce a fare il remake di se stesso, giusto per citare una delle eccentricità più macroscopiche della sua filmografia (All the Cheerleaders Die, girato nel 2001 e poi nel 2013), ma che ha il merito di aver esordito con un horror sorprendente e disturbante, l’osannato May, nel 2002. A quell’irruzione prepotente nell’immaginario tutt’altro che asettico dell’horror contemporaneo, nonostante quest’ultimo sia tacciato molto spesso di essere moribondo, purtroppo non sono seguiti fin da subito corollari altrettanto incalzanti, a partire proprio da The Woods, arrivato da noi direttamente in dvd con il titolo Il mistero del bosco e dagli esiti ben più convenzionali anche rispetto all’episodio della serie Masters of Horror diretto da McKee, Sick Girl .
Ambientato alla Falburn Academy, scuola femminile arroccata nel cuore di una foresta, narra di Heather, giovane disadattata mandata in collegio dai genitori per via delle sue stranezze e delle smanie da piromane. La signora Traverse, interpretata da Patricia Clarkson, è rigidissima e intende far regnare l’ordine nel suo istituto, ma le compagne di Heather cominciano a dissolversi nel nulla e allora tutto si complica. Di Suspiria di Dario Argento, dato che è impossibile che il rimando non salti agli occhi, The Woods rappresenta il controcanto patinato e normalizzato, come se la cura certosina dell’immagine all’insegna della piattezza digitale fosse stata concepita per asciugare i tormenti e le visioni e trasformarle in qualcosa di esteticamente più accettabile, meno furente ma anche cinematograficamente molto meno degno di essere vissuto e attraversato. La sceneggiatura dell’esordiente David Ross, piena di passaggi telefonati, personaggi bidimensionali e soluzioni prive di vigore di sicuro non aiuta, ma anche McKee, dopo l’irripetibile vena degli esordi, si lascia andare alle tentazioni di un immaginario troppo conformista e accomodante per incidere o tantomeno inquietare.
In The Woods si avverte pertanto il fastidio di una plastificazione posticcia, come se il germe della non autenticità avesse invaso ogni angolo del film trasformandolo in un’impalcatura priva di profondità, dove tutto è così scontato e prevedibile da sembrare sovraesposto e in bella vista, pronto a offrirsi ai nostri occhi esattamente come ci aspettiamo che faccia, senza deviare da alcuna traiettoria se non per bislacche incursioni nel kitsch. Una monodirezionalità tutta esibita che sottrae linfa a quello che è l’imperativo massimo dell’horror: nascondere, più mostrare, suggerire ciò che sta alle spalle del visibile (e del plausibile) piuttosto che imbandire un tavolata dalla quale gli avventori possono selezionare a proprio piacimento le pietanze che più li allettano, senza che il regista intervenga su chi guarda forzandone la visione e la comprensione, suggerendo soluzioni eretiche e turbanti. Così facendo, il cinema (non solo) horror si trasforma in un’operazione normativa più stimolante, applicata sulla nostra attività di spettatori in maniera totalmente inutile e accomodante, in cui per giunta i modelli del passato non sono emulati ma stancamente ricalcati, come se si fosse tutti quanti ansiosi di vederne svecchiati i pixel e non la forma, il pensiero, lo sguardo sul mondo.