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A CURA DI LUCA LOMBARDINI
Proyas dirige ma
soprattutto sceneggia come si deve la pellicola in questione, affidandone
peso e responsabilità alle robuste spalle di Nicolas Cage, confezionando per lui connotazioni fisiche e tratti
caratteriali di un personaggio che direttamente rimandano ad
un’interpretazione in grado di posizionarsi perfettamente a metà tra il
Mel Gibson di Signs e il Mark Wahlberg
di E Venne il Giorno. Il John Koestler protagonista di Segnali dal futuro è un rispettabile professore di astronomia
incapace di superare il dolore per l’improvvisa scomparsa
dell’amata moglie. Il grave lutto ha irrimediabilmente destabilizzato
le sue certezze scientifiche e aumentato in maniera esponenziale l’auto
imposta condizione di solitudine e il sentimento di incomprensione nei
confronti del religiosissimo padre. Provandolo infine nel fisico, tanto che
il corpo, una volta “action” di Cage, anziché occultare il dramma, ne evidenzia impietoso il
disfacimento psichico. Resta l’intuito intellettuale (come accadeva per
Wahlberg) e il possessivo affetto
per il figlioletto (proprio come in Signs),
parallele narrative sulle quali Proyas
farà correre gran parte dell’intera vicenda. Film di attori, ma anche
di ambienti e location. La campagna di Boston, ricostruita nei dintorni
dell’australiana Melbourne, rimanda al kinghiano immaginario di IT, con tanto di palloncini tra gli
alberi delle villette munite di confortevole giardino o nel cortile scolastico;
mentre la costante presenza aliena non può non far tornare alla mente la
fantastica Heaven dei Tommyknocker.
Tutto ciò senza dimenticare la superficie dei messaggeri venuti dallo spazio,
che con i loro cappotti neri e i vampireschi visi emaciati, ricordano da
vicino le atmosfere de Le Notti di
Salem. Convincente nella sua struttura, Knowing risulta ugualmente attraente nella forma, sorretto
com’è da una regia sciolta e sicura, costantemente un passo al di qua
dalle derive fracasson-fumettesche tipiche di un certo cinema hollywoodiano,
sebbene si cimenti spesso con momenti visivi oscillanti tra
l’adrenalinico e l’apocalittico. Lascia letteralmente a bocca
aperta, a tal proposito, la scena del disastro aereo, vera e propria gemma
tecnica girata tutta d’un fiato attraverso una sola ripresa, un piano
sequenza da fare invidia al Cuaròn
de I Figli degli uomini, un frammento
di cristallina classe registica in perfetto contrappeso tra effetti speciali
e crescendo incalzante di pathos. E’ sicuramente merito
“dell’occhio” di Proyas,
ma altresì della Red One Camera scelta per l’occasione dal direttore
della fotografia Simon Duggan (lo
stesso di Io Robot), ultimo
ritrovato in fatto di tecnologia digitale leggera ad alta risoluzione, in
grado di offrire un risultato finale di toni e luci qualitativamente molto
vicino a quanto prima si otteneva lavorando con la pellicola. Da grande
cineasta qual’ è, però, Proyas
riserva il meglio di sé per il gran finale, dove il modello Twilight Zone esplode con prepotente
attualità nella mente di chi guarda come forse solo The Mist, in tempi recenti, aveva permesso di ricordare, mentre
la disperata cattiveria dell’apocalisse spazza via qualsiasi tipo di
riconciliatoria bontà suggerita dall’abbraccio familiare, facendo
definitivamente deragliare l’opera Knowing
dai binari che, fino ad un momento prima, sembravano condurre, sottotraccia,
verso destinazioni proprie del cinema di M.
Night Shyamalan: fonte di ispirazione si, ma fino ad un certo punto. La potenziale grandezza di Segnali dal Futuro va probabilmente ricercata nella vecchia edizione in DVD
di Dark City, precisamente in
quella copertina dove spiccava, sfacciato, il talloncino CULT. Knowing, nonostante
l’inspiegabile scetticismo che ha accompagnato la sua uscita nelle sale
italiane, possiede tutte le potenzialità per appaiare i picchi di gradimento
raggiunti dal suo predecessore. Sicuri di poter un giorno esclamare
<<l’avevamo detto>>, ci accontentiamo oggi di
un’altra certezza: trattasi di film che invecchierà bene. Cosa che non
è da tutti. (27/09/09)
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