IL SOLE

REGIA: Aleksandr Sokurov
CAST: Issei Ogata, Kaori Momoi, Shiro Sano
SCENEGGIATURA
: Aleksandr Sokurov
ANNO: 2005


A cura di Andrea Fontana

IL SOLE È TRAMONTATO

C’è un elemento continuativo nell’ultima opera di Aleksandr Sokurov, Il sole, ultima parte di una trilogia sul Potere iniziata con Moloch e continuata con Taurus. Questa volta al centro dell’analisi sokuroviana c’è una figura che compare poco nei libri di storia: l’imperatore giapponese Hiroito. Il film lo ritrae nei giorni della fine della Seconda Guerra Mondiale, quando dopo le due bombe atomiche decise di abbandonare la sua discendenza divina per il bene del popolo.
La trilogia si conclude inaspettatamente in maniera quasi positiva, perché si comprende quanto Sokurov abbia sottolineato la differenza fra Hiroito e i due personaggi precedentemente analizzati: Hitler e Lenin (con una breve incursione di Stalin), i quali incarnavano l’estremizzazione di un’ideologia politica ma soprattutto esistenziale. Sokurov esalta i difetti fisici e i tick, le paranoie, le ossessioni. Tutti e tre sono uomini immersi in una realtà tremendamente umana, che trascende la Storia, la quale diviene nebbia, continuamente sovrimpressa alla pellicola, alle immagini. In tutte e tre le opere la figura femminile è elemento salvifico, ultima àncora cui appigliarsi per non sprofondare negli abissi della follia. Ciò è sottolineato in Moloch, dove Eva Braun impedisce a Hitler di corporizzare le proprie schizofrenie, o in Taurus, dove Lenin si calma unicamente in presenza della compagna e si riconcilia con sé stesso e con il mondo tramite le parole della madre (da ricordare lo splendido, magnifico finale di Taurus, con un fuori campo conclusivo ripreso poi da Shyamalan in The Village). In Il sole la figura femminile è messa in secondo piano, ma s’impone alla fine, quando Hiroito, sollevato di essere divenuto Uomo, rinato come semplice essere umano, scopre che il ragazzo che aveva registrato la sua dichiarazione si è suicidato facendo harakiri: Hiroito s’incupisce, teme di aver sbagliato nella sua scelta, ma la moglie lo prende per mano e lo trascina dai suoi figli, in attesa nel salone. In questa sequenza, molto metaforica, Sokurov dichiara non solo quanto Hiroito fosse addolorato per l’andamento della situazione bellica del suo Paese, ma anche come egli fosse veramente “umano”, sensibile, al di fuori delle atrocità della situazione storica contingente. Per tutto il film Hiroito s’interroga della sua essenza divina (“il mio corpo è uguale al tuo” dice al suo ciambellano), collegandola alla causa della morte di molti giapponesi, convinti del senso della missione bellica. Ride quando rinuncia ad essere Dio.
Ma alla sensibilità di un personaggio quasi ridicolo, si contrappone l’arroganza degli americani, che lo paragonano a Charlie Chaplin, lo trattano come una persona qualunque, giocano con “l’uccello del Paradiso”, una gru che si trova nei giardini imperiali.
Sokurov si distacca dalla realtà storica, non inserendo né sequenze di fatti epocali (lo sganciamento delle bombe atomiche, per esempio), né riprendendo scene di battaglia (eccetto quella trasfigurata dalla visione dell’imperatore, che comunque risulta essere molto più terribile). Si limita a scivolare fra interni claustrofobici ed esterni in rovina, immersi ancora una volta da una nebbia terribile, che avvolge l’uomo.
Il sole non è il miglior film di Sokurov, il quale ci aveva abituati a capolavori quali Madre e figlio o Arca russa. La causa è da ritrovare nell’assenza di spinte metafisiche che fungano da forze centripete in grado di spezzare la staticità materialistica della narrazione (per esempio in Taurus tale forze erano rappresentate dalla metafora dei tuoni/fulmini). Rimane comunque un esempio di cinema d’autore raro e prezioso, collegabile ad un’idea di cinema ormai in estinzione.

(23/11/05)

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