SPRING BREAKERS – UNA VACANZA DA SBALLO di Harmony Korine
REGIA: Harmony Korine
SCENEGGIATURA: Harmony Korine
CAST: James Franco, Selena Gomez, Vanessa Hudgens, Ashley Benson, Heather Morris, Rachel Korine, Gucci Mane
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2012
USCITA: 07 marzo 2013
ESTETICA ANESTETICA,
PROVINCIA CRONICA
Break come pausa e intervallo, e dunque come arresto statico, purgatorio momentaneo, in attesa di un qualcosa in arrivo, una decadente cometa dal cielo o un eroe senza volto. Ma anche Break come il verbo rompere, in questo caso l’esatto opposto di prima: alterazione, forza, violenza, un cambiamento in atto in quanto la morte di qualcosa, il cessare di un istante. La primavera di Harmony Korine va in entrambe le direzioni, descrivendo un breve attimo che è contemporaneamente prigione ed evasione, ghiaccio e suo relativo scioglimento, droga, over-dose e rianimazione post-mortem (che è già, volendo, descrizione ottimale del cinema odierno). Costruisce la caotica stasi del delirio partendo dai colori pastello e fosforescenti, in un film necessariamente di reietti, di avanzi e già-spazzatura collaudati in compartimenti scarto, in fuori campi esistenziali automaticamente evasi, inesistenti: qui e ora abbiamo manichini privi di personalità che si confondono fra di loro, e le maschere da bunny gangster sono la divisa della nuova scintillante rivolta nichilista. Sembra uno dei primi romanzi di Isabella Santacroce (Destroy, Luminal), tra destrutturazione narrativa e nevromanticismo post-modernamente videoclipparo, però il tutto sotto la supervisione di Gregg Araki amante del coolness e poeta rockstar dell’apocalisse nostalgico. Eppure è Harmony Korine, cantore di sobborghi freak che si fa plasmare sotto il neon di una generazione rosa lisergica, affogando in un ingannevole giro di caramelle marshmallows che però in verità sono pasticche euforiche, di quelle che cancellano spazio e tempo. Il regista mixa tutto con l’adrenalina di uno che vomita il cinema e la cultura pop in generale, un’operazione di deframmentazione e sogni sviati; prende giovani icone della Disney e le mette in sexy costume da bagno drogate stronze senza cuore e anima. Ma, al contrario di quanto hanno affermato i critici più pigri e svogliati, qui non c’è affatto la ricerca della trasgressione e dello scandalo a tutti i costi, perchè fosse così, Korine non avrebbe esitato a girare un sequel di Ken Park, film di ben altro spessore e pudore. In Spring Breakers invece, si rimane troppo in superficie per poter essere indignati, tette e culi li abbiamo sempre visti altrove e ormai sono cartoline, una puntata estiva di un programma di MTV mentre voli d’ecstasy con Skrillex pompatissimo sulle orecchie, come se certe primavere non dovessero finire mai, come se il dolore fosse solo una canzone di Britney Spears suonata e cantata al pianoforte da un James Franco tramutatosi Snoop Dogg gangsta rappa, come se tornare indietro non fosse più possibile perchè un prima non esiste, figuriamoci un dopo. Quello di Korine è disumano manifesto pop-trash specchio e dilatazione dei suoi film precedenti fatto lievitare in uno spazio (del)etereo che è anche (o solo) ludico giocattolo stroboscopico. Lo spessore pari a zero è la condizione esistenziale che potrebbe far paura, se non si fosse troppo occupati a ballare, e l’autore di Gummo dimostra di conoscere bene i meccanismi contorti e paradossali della cacofonia visiva, del suo essere irrimediabilmente folgorante e affascinante, rumoroso e assuefante come la Dubstep.