a cura di Luca Lombardini
Synecdoche, New York è l'Infinite Jest, l'Underworld di Charlie Kaufman. L'opera omnia, il resoconto doloroso, il testamento dell'artista fagocitato dalla sua arte: sforzo creativo che diviene causa […]
a cura di Alessandro Tavola
Orrore sparso, con Noè al centro: non si tratta del singolo vs la moltitudine, ma del dentro (divino) e del fuori (stare al mondo) di cui Noè è semplice crocevia, per un attimo vate infallibile e per altri cento povero imbecille. Almeno tre colori s’accalcano (io, tu, gli altri), si sovraccaricano, ed il risultato è il deserto, il grigio.
Fantascienza romantica, condensato di emozioni umane contestualizzate in un futuro lindo e high tech, sorta di Synecdoche, “nowhere” vulnerabile, popolato da umani abbandonati. Una rappresentazione capace di instaurare con lo spettatore un feedback empatico che non si avvertiva così prepotente, e viscerale, da Non lasciarmi di Mark Romanek.