TYRANNOSAUR di Paddy Considine

REGIA: Paddy Considine
SCENEGGIATURA: Paddy Considine
CAST: Peter Mullan, Olivia Colman, Eddie Marsan, Ned Dennehy, Paul Popplewell
NAZIONALITÀ : UK
ANNO: 2011

WE WERE WASTED

Emana una potenza devastante, dietro l’apparenza ingannevolmente dimessa da british working class movie, questo Tyrannosaur, esordio nel lungometraggio per Paddy Considine, già noto come (eccellente) attore, in particolar modo per il sodalizio con il regista Shane Meadows (Dead Man’s Shoes, co-sceneggiato, oltre che interpretato, da Considine); quest’opera prima estende e sviluppa il narrato del cortometraggio Dog Altogether (2007), del quale conserva i medesimi interpreti e personaggi. La figura del protagonista, Joseph (un Peter Mullan sulla cui fisicità il ruolo è plasmato come in un calco), è liberamente basata su quella del padre di Considine, così come la sua defunta moglie porta lo stesso nome della madre del regista, anch’ella non più nel regno dei vivi, Pauline, alla quale il film è dedicato. Un continuo fondersi di arte/vita che rimanda in modo immediato non soltanto alle opere di Meadows ma a tutto il cinema britannico iper-realista e senza compromessi, dagli ormai monumentali Ken Loach e Mike Leigh fino all’ultima generazione, della quale il giovane attore-regista dello Staffordshire entra a far parte a pieno diritto.

Tyrannosaur  parla di rabbia, odio, dolore, solitudine, redenzione in quanto cambiamento, ma anche e soprattutto di come le apparenti differenze tra individui si annullino nel buco nero di un male di vivere che non lascia tregua.  Joseph è vedovo, alcoolizzato, pervaso da un’ira incontrollabile, una tristezza che diventa violenza e odio e che sfoga anche contro chi non se lo merita; la sequenza iniziale è emblematica nel presentare il personaggio, che vomita la sua rabbia uccidendo a calci il proprio cane (“il mio amico”), per poi riportarlo a casa tenendolo amorevolmente tra le braccia, e seppellirlo in giardino.  Hannah (una straordinaria Olivia Colman), lavora in un charity shop, è sposata, abita in un bel quartiere, ed è una fervente Cristiana.

La devastazione di Joseph non ha filtri né schermi, è costantemente mostrata, scaraventata all’esterno, nei suoi improperi che diventano pianto, negli attimi di delirio e smarrimento, nel cumulo di collera che deflagra, tentando di distruggere quel dolore che lo divora dall’interno. La disperazione di Hannah, per contro, è occultata, compressa, celata dalle apparenze di un matrimonio senza pecche ma in realtà devastante, mentre la ferita aperta di una maternità impossibile è tamponata da preghiere inutili e da bicchieri di vino che si svuotano sempre più in fretta. Joseph esplode, Hannah implode. Queste due umanità all’apparenza così diverse, schiacciate da macigni al tempo stesso opposti e simili, si incontrano. Il loro avvicinamento è scambio inconsapevole, ognuno assorbe qualcosa dall’altro, in entrambi avviene un cambiamento in modo lento, sottile, sottopelle, ma non per questo meno profondo. Tyrannosaur ci dona un finale magnifico, che arriva dritto all’anima, sulle note della splendida We Were Wasted dei The Leisure.

Nel corso della narrazione vediamo Hannah imprecare e scagliare oggetti contro un quadro di Gesù, e sentiamo Joseph ammettere di aver pregato senza rendersene conto. Ognuno di loro, ha preso dall’altro qualcosa che gli mancava, e di cui aveva bisogno, per uscire dalle proprie sabbie mobili, per fare un semplice ma determinante passo avanti.

Non è una miracolosa redenzione quella che vediamo avvenire in Joseph: è un percorso doloroso durante il quale egli impara ad accettare nuovamente un’altra persona nella propria vita, e ad affrontare i demoni che si porta dentro da troppo tempo;  Hannah trova catarsi e liberazione in un gesto estremo che forse non avrebbe mai compiuto se quel giorno, nel suo negozio, non si fosse presentato quell’uomo, in fuga da un gruppo di teppisti.

L’amicizia/amore come cura del proprio male e del mostro che mette radici nell’anima, senza facili miracoli o illusorie luci in fondo al tunnel, bensì con un semplice, casuale, improbabile incontro.

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