Venezia 2017

Venezia 2017: Suburbicon di George Clooney (in concorso)

suburbicon

Benedetti siano i Coen, maledetti siano i Coen. Se Il ponte delle spie di Spielberg rischiava di crollare sotto il peso della loro sceneggiatura riuscendo ad evitare il peggio grazie alla natura stessa del tema, non possiamo dire la stessa cosa di Suburbicon, sesta prova registica di George Clooney: il problema è che i fratelli non hanno perso, in più di trent’anni di carriera, un briciolo della loro forza, e ogni loro nuovo lavoro – solo scritto o anche diretto – riesce ad avere un impatto capace di scuotere, al di là delle ripetizioni.

Davanti alle loro parole, l’amante del classicismo hollywoodiano Clooney, non può che allontanarsi dalle sue indubbie e sempre dimostrate capacità per finire in zona “semplice shooter”, perché purtroppo Suburbicon sembra un film dei Coen semplicemente girato da Clooney, anche in virtù delle note affinità stilistiche con il duo.

Nel guazzabuglio di stimoli che il film propone, Clooney sembra però consapevole di ciò e non calca la mano: lì dove la vicenda scritta e congegnata arriva già forte, lui non prova ad essere louder, non impazzisce stilisticamente, non esagera. Da buon amante del limoncello, le sue immagini rimangono eleganti e statiche, coadiuvano piuttosto che tentare di amplificare, e il risultato è una semplice, quanto caustica quanto piacevole novella noir.

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