NIGHTMARE DETECTIVE
REGIA: Shinya Tsukamoto
SCENEGGIATURA: Shinya Tsukamoto
CAST: Ryuhei Matsuda, Hitomi, Shinya Tsukamoto
ANNO: 2006
A cura di Luca Lombardini
ROMA 06: INCUBI NOTTURNI
Operazione ambiziosa quella messa in atto da Shinya Tsukamoto con il suo ultimo lungometraggio: unire le materie
d’analisi che strutturarono A Snake
of June e Vital, con la volontà
di ritornare a filmare le ossessioni che da sempre popolano la sua abbagliante
filmografia, attraverso una messa in scena che riportasse alla memoria i deliri
tecnici dei due Tetsuo; il tutto
inserito in un contesto di genere thriller, in grado di rendere il risultato il
più possibile conforme alle esigenze di mercato e di distribuzione.
Ecco allora che l’indagine sulla città e sui procedimenti alienanti ai
quali l’uomo pare costretto per rapportarsi con essa (A Snake of June), e la ricerca
metafisica tesa a scandagliare i recessi più nascosti dell’animo umano (Vital), prendono vita in Akumu Tantei attraverso una stilistica
conversione ad U, mossa dal desiderio quasi irrefrenabile di riportare
d’attualità segni, simboli e fantasmi, appartenenti ad un passato quanto
mai celebre e glorioso.
Dal punto di vista tecnico e visivo infatti, Nightmare Detective rappresenta una sorta di dono divino:
l’uso sincopato e aggressivo della macchina a mano, il montaggio
frenetico e disturbante, la fotografia metallica dalle tonalità grigio ferro,
contribuiscono a creare un involucro esteriore eccellente, all’interno
del quale fremono gli echi di una poetica lontana ma mai sopita, che si
manifesta in tutto il suo splendore nel momento in cui, il corpo del killer Tsukamoto (qui impegnato nel gustoso
ruolo dell’assassino seriale), precipita nel cofano motore di un auto
fracassandone il contenuto. Un omaggio alla propria arte, in grado di riportare
alla luce i ricordi degli innesti coatti tra carne e macchina, che furono alla
base della fortuna critica sull’onda della quale si iniziò ad idolatrare Tetsuo e Tetsuo II.
Un ritorno al passato quindi, come testimoniano le sequenze degli omicidi -
suicidi (una prostituta ventenne e un comunissimo padre di famiglia)
immortalati attraverso il classico piglio dell’autore, che proiettano il
pubblico in un universo asfissiante e notturno, una fredda cappa di ghisa
capace di opprimere l’intero diramarsi della vicenda. Inerenti al
tradizionale Tsukamoto pensiero poi,
sono le sottotracce narrative da sempre connesse al feroce quanto pungente
giudizio rivolto al japanese ways of living, all’interno delle quali, il
buon Shinya non risparmia caustici
attacchi nei confronti della società moderna ed alcuni dei suoi status symbol,
come il telefono cellulare, che da strumento di comunicazione e di vita quale
dovrebbe essere, viene qui identificato come mezzo attraverso il quale
raggiungere la morte.
Vorremmo
fermarci qui, perché a Tsukamoto
vogliamo un bene dell’anima, in base al quale rivolgergli delle critiche
non è né facile né piacevole. Nightmare
Detective non ha però solo pregi, ma anche difetti, cioè quel suo latitare
proprio nel momento in cui tenta di conformarsi ai meccanismi di un genere ben
definito come il thriller, un procedimento palesemente sofferto da un regista
da sempre incline a decostruire più che ad accettare passivamente i parametri
cinematografici (horror e fantascienza su tutti) sui quali si è trovato spesso
a lavorare. Sceneggiatura e dialoghi infatti, non sempre convincono come
dovrebbero, alcune trovate (vedi il trauma infantile come causa scatenante
delle gesta omicide) risultano quanto meno “stagionate”; la trama
stessa poi, finisce ben presto per arrovellarsi attorno ad un susseguirsi di
omicidi e incubi esteticamente accattivanti, ma purtroppo privi di quella
soluzione di continuità che un solido script dovrebbe essere in grado di
conferire ad operazioni come questa.
Akumu Tantei rimane comunque una pellicola
dall’impatto esemplare e, per certi versi, forte di un valore
“storico” da non sottovalutare: sarà infatti il primo lavoro di Tsukamoto ad essere distribuito nelle
sale italiane. Mai come in questo caso quindi, vale il detto meglio tardi che
mai.
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