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CRONACHE DA VENEZIA 2011

A cura di Pierre Hombrebueno, Davide Ticchi, Federica Basso

E’ un regista che ci piace assai. Ed è sicuramente uno dei più interessanti su cui discutere. Così abbiamo organizzata una tavola rotonda come si faceva ai bei tempi. Un faccia a faccia tra alcuni positivisti per lodare, amare, e anche contestare Shyamalan.
Che il dibattito abbia inizio!

HOMBREBUENO: Affermo che Shyamalan è uno dei pochi registi recenti che si possano veramente definire "Autore". Inconfondibile il suo tocco autoriale, dato dalla lentezza degli eventi (Il sesto senso) alternati a velocissimi movimenti di macchina e scansioni di montaggio (l'invasione delle ombre aliene in Signs) e una grande attenzione alla iconografia, giocando e dosando le possibilità cromatiche dandone significati pluri-connotativi (The Village).
Il Cinema di Shyamalan percorre due binari: L'indagine introspettiva dell'uomo di fronte all'inspiegabile (Il Doppio Bruce Willis ne Il Sesto Senso e Unbreakable, Mel Gibson in Signs, William Hurt e Bryce Dallas Howard in The Village), e L'indagine del post-mistero, delle immediate conseguenze dell'inspiegabile.
Per questo ritengo The Village il film più completo del Shyamalan autore, in quanto non solo affronta le paure e le crescite interiori dei protagonisti di fronte all'irrazionale, ma è riuscito anche a congiungere a questa irrazionalità una tematica puramente umana come l'Amore. Non sono tanto le creature del bosco a lasciare perplessi e a cambiare i protagonisti, bensì l'Amore. In questo senso The Village è l'opera più matura di Shyamalan, perchè è riuscito a superare l'ostacolo e il limite che i critici gli avevano imposto, ovvero il soprannaturale. Può quel piccoletto fare un film senza ricorrere a fantasmi o alieni? Assolutamente. Shyamalan è un regista coi controcazzi.

TICCHI: Penso che la fama di M. Night Shyamalan sia solo degna di una sua opera, l'ultima, l'unica matura, che è The Village.
E' indiscutibile e apprezzabile la concezione che ha il regista del "fare cinema", infatti anche dopo i clamorosi successi di pubblico dati da Il sesto senso e Signs, horror paranormali basati sull'effetto, ha preferito cambiare rotta, sondare nuovi territori, e con The Village ha messo in pratica tale possibilità. The Village è il solo film che a mio parere inquadra il cinema del regista indiano, un cinema nuovo che sa rivolgersi a critica e pubblico contemporaneamente, in maniera raffinata e non per tutti. Lavora infatti di sottrazione, non concedendo nulla all'occhio perchè ambientato in una costante penombra, e senza effetti speciali, definendosi prodotto atipico per il periodo, ed opera sperimentale perfettamente riuscita.
Ecco perchè si apprezza anche un regista che a parer mio ha fatto un solo film decente, ottimo addirittura, pieno di elementi introspettivi e criptici fuori luogo, nonchè utilizzati genialmente. Non posso però nemmeno dimenticare le cocenti delusioni causatemi da Il sesto senso e Unbreakable, meno dal discreto e controverso Signs, opere ancora frutto di uno stile immaturo e tronfio, che trova però grazie a The Village il salto di qualità, forse l'acme qualitativo di un regista in continua mutazione verso qualcosa di indefinito. Staremo a vedere.

HOMBREBUENO: Mi piace la definizione "lavora di sottrazione". Spero solo che lo intendiamo nello stesso modo. Ritengo che la grandezza del Shyamalan stia proprio nel rifiuto dell'esplicito. Il soprannaturale diventa perciò puro pretesto per affrontare tematiche che stanno ben al di sopra. I fantasmi, i super-eroi fumettistici, gli alieni e i mostri sono solo dei mezzi per parlare della vita, della fede e dell'amore. In questo senso, il fuoricampo di Shyamalan gioca una duplice funzione: creare suspence (il non vedibile, ma solo percepibile, mette una paura boia), ma anche l'"allontanamento" visivo di questi elementi soprannaturali, che non devono essere il fulcro dell'opera, ma puro elemento di contorno. Il villain di Unbreakable e gli Alieni di Signs si manifestano esplicitamente solo alla fine, e non è un faccia a faccia tra il razionale e l'irrazionale, bensì una resa dei conti con la propria vita e le proprie paure. Chi ritiene Shyamalan un autore del soprannaturale è nel torto marcio. Shyamalan è invece un autore di rapporti umani, con gli altri e con se stessi.

TICCHI: Trovo anch'io che il "lavorare di sottrazione" del regista si riferisca all'esclusione di elementi di facile lettura, quali la presenza del mostro, della nemesi sempre in agguato, mentre è il sentimento di timore che viene reso apparentemente innocuo proprio attraverso i rapporti interpersonali. Quindi assume estrema importanza e rilevanza l'elemento della sorpresa, della parafrasi esplicita e ironica di un'effettiva presenza soprannaturale che sopprime le paure personali, le rimpiazza con qualcosa di vivo e spaventoso, che non è altro che la raffigurazione delle nostre stesse fobie. Quindi Shyamalan propone attraverso i suoi film una filosofia logica di corrispondenze, che descrive appunto i rapporti umani attraverso qualcosa di non umano, che ci sorprende sempre sul finale, quasi a volerci donare una soluzione. The Village in questo senso è differente, perchè ci mostra la verità a tre quarti di film, perchè solo così forse può essere chiaro il riferimento a ciò che vediamo e temiamo. Ecco perchè reputo questo film il più maturo tra quelli di Shyamalan fatti fin'ora, perchè è come se portasse a termine, al vero, la sommarietà dei precedenti. The Village è anche il tassello che mi ha fatto capire a fondo i significati degli altri film di Shyamalan, che prima reputavo esclusivi horror paranormali, e che invece adesso mi appaiono come differenti e interessanti interpretazioni di un'unica grande concezione della "paura" umana.

HOMBREBUENO: E' vero, l'elemento sorpresa finale manca in The Village. Ed è anche uno dei motivi per cui è il film più sottovalutato di Shyamalan, ritenuto addirittura il peggiore da critica e pubblico. Probabilmente è perchè si aspettavano questo "finalone a sorpresa" quasi come se fosse il topos per eccellenza del Cinema di Shyam. Io invece ritengo questi finaloni unicamente a scopo narrativo del suspense. Il film è come la miccia, mentre il finale è l'esplosione. L'introspezione umano sta invece tutto fuori dal suspense. In questo senso penso che il Cinema Shyamaliano (cristo permettetemi il termine) si divarichi ancora in due rami: L'estetica esteriore del suspense e del (pseudo) sovrannaturale, e l'estetica interiore drammaticamente umana. La prima è puramente superficiale (nel senso della superficie) e visiva, mentre la seconda scava nella psiche. E chiaramente, la prima è il mezzo, la seconda il fine. Per questo, diversamente dalla moltitudine di critici, non assocerei Shyamalan a Hitchcock. Lo vedo più vicino a Cronenberg.

TICCHI: Certo, il cinema di Shyamalan denota una dualità narrativa che comprende sia quella del thriller che dell'horror, ed è perciò riconducibile al cinema dai caratteri scientifici e psicologici di Cronenberg, che con "La Zona Morta" e "La Mosca" ci riporta anche all'elemento dei rapporti umani. Però trovo che il riferimento a Hitchcock non sia poi nemmeno tanto spropositato, dato che la suspense è riscontrabile in ogni film di Shyamalan.
Per una valutazione equa di The Village penso bisogna essere esenti dalla passione recondita per Shyamalan, che ha sorpreso davvero un po’ tutti con questo film, di un peso morale e riflessivo incredibile in confronto alle sue altre opere.

BASSO: Shyamalan ha l'innata propensione a mostrare la potenzialità della macchina cinema. Il suo è puro lavoro di riflessione sul non-mostrato, tanto a livello contenutistico quanto a livello stilistico. La possibilità di vedere il non-mostrato e la possibilità di non far vedere ciò che andrebbe convenzionalmente mostrato, ovvero il Cinema. Ciò che conta è forse ciò che lo spettatore non è riuscito a vedere dentro l'inquadratura e che pure Shyamalan in qualche modo ha inserito nell'inquadratura. Lo spettatore deve comprendere, in qualche modo, ciò che lui vuole fargli comprendere più che ciò che vuole dargli, soprattutto attraverso un buon connubio di audio e montaggio video. In questo lavoro dello spettatore a cui viene fornito un indizio, a cui viene richiesta un'interpretazione ho trovato uno dei chiari legami del modo di Shyamalan di fare cinema con quello di Hitchcock (in particolare direi ne "Il sospetto")...

HOMBREBUENO: Riesco ad accostare poco il Cinema Classico di Hitchcock con il Cinema di Shyamalan. I loro sono due modi diversi di ricreare suspense: Hitchcock inoltrava il climax e l'attesa con le situazioni esplicite: Temiamo all'idea dell'avvicinamento di Claude Rains perchè sappiamo e abbiamo visto che Ingrid Bergman ha la chiave in mano (Notorious). Un brivido interiore ci percorre perchè sappiamo e abbiamo visto il cecchino pronto a sparare al rintocco dei piatti (L'Uomo che sapeva troppo). Quella di Hitchcock è una paura mostrata, e al contrario di Shyamalan, mai sotterrata. In Shyam non sappiamo, ma ci limitiamo ad osservare e ad essere trascinati dai curatissimi movimenti di macchina. L'esplicito in Shyam sta spesso dietro la macchina da presa, ci guarda in soggettiva, ci spia. Il mistero sta tutto attorno al quadro e quasi mai sul quadro stesso. Se vogliamo metterla così: Hitch esplicita il "male" di fronte all'occhio dello spettatore, Shyamcolpettini qua e là, avvertendoci pian piano.

TICCHI: Penso anch'io che l'esplicitazione di Hitchcock non possa essere confrontata con quella illusoria di Shyamalan. Infatti lo stile minimale del secondo utilizza tale elemento come espediente di attesa per la "soluzione" finale, mentre Alfred lo usava come chiaro sfondo narrativo per la corretta rappresentazione degli eventi. Ecco perchè il lavoro di riflessione di Shyamalan si differenzia da quello di Hitchcock. Entrambi gli stili sono a servizio di qualcosa di ben preciso, e gli obbiettivi, seppur differenti dei due registi, possono essere raggiunti unicamente con la suspense, seppur di tipo diverso.

BASSO: Il mio riferimento a Hitchcock era ben circoscritto e mirato... mi riferivo al "Sospetto" e precisamente a quella serie di quattro inquadrature unite per stacco di montaggio che si trovano nella terza sequenza (quella per intenderci, in cui Johnny convince Lina e seguirlo invece di andare in chiesa), a quel passaggio da piano lungo a piano medio e poi primo piano in cui si passa da un non-mostrato che genera inquietudine e tensione ad una messa a fuoco che porta ad un mostrato che rassicura. Il tutto, come in Shyamalan, ci viene fornito attraverso indizi non mostrati che verranno rivelati solo alla fine. Concordo nel dire che in generale Hitchcock e Shyamalan hanno ben poco da spartire, ma non si può negare una vicinanza tra il non mostrato di Shyamalan e "Il sospetto", dove il non mostrato diviene falsa apparenza, dove per tutto il film noi non vediamo concretamente nulla che giustifichi il sospetto eppure, attraverso il non mostrato, veniamo portati a credere ciò che non è.

HOMBREBUENO: E comunque, ecco svelato l'unico collegamento diretto tra Hitch e Shyamalan: Tutti e due ritagliano sempre un cameo nei loro film. Sinceramente ora però non ricordo i camei di Shyamalan ne Il Sesto Senso e Unbreakable, ma ho notato che in Signs e The Village gioca un ruolo che non è assolutamente di contorno. In questi due film, infatti, il suo cameo è metafora della chiave tra passato e presente. Questa metafora, che arriva ad incarnarsi nel volto del regista stesso, è spesso il passato da sfuggire, l'ostacolo. Al contrario di Hitchcock, che nei suoi camei interpreta persone puramente senza connessione con la narrazione.

HOMBREBUENO: Ah, prima che mi dimentichi. Davide, perchè ritieni Unbreakable e il Sesto Senso dei film inferiori?

TICCHI: Inferiori a livello contenutistico principalmente, dato che entrambi a parer mio sono film grezzi, privi di una filosofia che li contraddistinge realmente. Ecco perchè mi riferivo a The Village come il migliore e maturo di Shyamalan, visto che è l'unico fatto fin'ora che si rivela completo e personale a livello prettamente contenutistico. Infatti mentre quest'ultimo non annovera in grandi e rilevanti colpi di scena, bensì è un unica rappresentazione della finalmente chiara filosofia del regista, i due altri su citati rivelano una grave mancanza di idee e spunti riflessivi che non a caso risolve il tutto attraverso esclusivi mastodontici colpi di scena, che a mio avviso restano fini a se stessi e mettono in risalto l'assenza di compattezza tecnica e di vera ispirazione registica.

HOMBREBUENO: Non posso condividere ma riesco a capire ciò che intendi.
Sono convinto anch'io che Il Sesto Senso sia il "peggiore" di Shyamalan (peggiore si fa per dire eh), il più confezionato, il più vendibile. Siamo stati tutti puttane. Shyamalan lo è stato per Il Sesto Senso, pronto a vendersi al Miglior offerente. Ma già allora era una puttana più che dignitosa, che aveva saputo distinguersi dalla schiera di thriller da 4 soldi che giravano. Unbreakable invece lo ritengo la consacrazione insieme a The Village. La chiave filosofica in Unbreakable esiste eccome, e meraviglioso anche qui come Shyamalan sia riuscito ad applicare una filosofia sovraumana come quella dei super-eroi con la semplicità della vita quotidiana del protagonista e del mondo attorno a lui. L'indiano è riuscito a fondere già allora il suo concezione di cinema puramente umano, indagato sullo sfondo del paranormale.
Capisco invece quando dici che Shyamalan, in Unbreakable cerca di aprire la chiave a questa porta con l'uso finale del capovolgimento a sorpresa. Ma non è una lezione anche questa? Non è anche questa una parabola per psicanalizzare la necessità di Elijah (Samuel L. Jackson) di conoscere se stesso, il proprio io umano al di là dei (non)poteri sovrannaturali?
Però almeno siamo tutti d'accordo che di anno in anno, di film in film Shyamalan migliori come il vino. Sfido chiunque a trovare qualcuno che muove la macchina da presa come lo muove Shyam.

TICCHI: Personalmente di Unbreakable ho percepito l'ingenua filosofia di ricerca del proprio io, che sfocia nell'effetto e nel ribaltamento di esso. Infatti ho apprezzato in particolar modo The Village proprio perchè una simil filosofia, questa volta però approfondita e contestualmente originale, si riversa sulla realtà assoluta e tangibile del luogo e di chi lo abita. Ecco perchè trovo ancora Unbreakable uno dei film minori di Shyamalan, poichè esprime una furba filosofia che non aspetta altro di essere ribaltata e annullata, dal colpo di scena finale. Non amo i film che creano per disfare, per sorprendere, e quindi ecco perchè Il sesto senso e Unbreakble mi appaiono come opere grezze, minori in questo senso, sono appunto una parabola fine a se stessa di falsa introspezione nel caso specifico.
Invece anche secondo me alcuni film di Shyamalan (Signs, The Village) migliorano ogni anno che passa, hanno grande potenziale perchè gioca a loro favore la realtà che parla da , e la filosofia delle paure di ogni uomo, che arrivano, e restano, senza mai annullarsi. Ci stupisce così con una dimostrazione reale e allo stesso tempo sorprendente di ciò che è immaginario.

HOMBREBUENO: Già in Signs non c'è più quel ribaltamento totale alla fine della pellicola. L'elemento sorpresa de Il Sesto Senso e Unbreakable sono diventati, negli ultimi due film, una risvolta che non punta più a shoccare e a cambiare le cose da bianco in nero, bensì una vera e propria sfogliatura narrativa per raccontare introspettivamente l'uomo.
Non so ancora nulla dei prossimi progetti di Shyamalan, ma sono convinto che i suoi film saranno sempre meno paranormali e rifletteranno più sul versante realistico. Il paranormale sarà sempre più un pretesto.

Intanto oggi ho letto questa lettera stupida spedita da una tizia alla rivista Ciak (brrr):
"Ho appena visto The Village e, conoscendo Shyamalan e i suoi colpi di scena degli ultimi 5 minuti, mi chiedo come mai in questo film sia svelato tutto a metà? Non sarà che in Italia è stato montato diversamente per venire incontro al gusto degli spettatori?" - Michele di Macerata.

Penso che questa lettera contenga parecchie cazzate. Innanzitutto ritengo The Village il film meno commerciale di Shyamalan (nonostante i bombardamenti fasulli della distribuzione), quindi semmai fosse stato montato veramente in modo diverso, sarebbe senz'altro per libertà artistiche e non per andare incontro agli spettatori. Ormai Shyam non è più la puttanella di un tempo.
Ecco, penso anche che Shyam farà sempre film meno commerciali, e questo gli farà perdere la clientela abituale.
E poi, in The Village tutto è spiegato al 100%, semmai c'è da ricercare un film spinto a metà bisogna andare a Il Sesto Senso e Unbreakable. In The Village tutto è molto più percepibile, proprio perchè abolisce la metafisica.

E comunque, torneremo ancora a parlare del grande Shyamalan vero?

TICCHI: Certo, e poi con questo The Village anche se ha perso la clientela abituale ne ha acquistata di altra e più affidabile penso. Molti non comprenderanno il perchè, come il su citato Michele, ma Shyamalan sembra avere ormai acquisito piena familiarità con l'intesa del suo "mezzo cinema", ed è ormai intenzionato a proseguire su queste strade cinematografiche, senza guardarsi alle spalle, riflettendo solo su cosa è e sarà.
Manoj. Night Shyamalan è regista di grandissimo potenziale, vedremo se le vie del mistero e del male da lui imboccate, guideranno verso altri capolavori i nostri e suoi occhi.

HOMBREBUENO: Qualcosa mi dice di si

 

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20 marzo 2005

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